Cacciari e il Covid: ora torniamo a vivere. “La paura uccide, chi fugge è un disertore”
“Certo. Bisogna che ci sia una politica che non enfatizzi la paura e che, anzi, agisca all’opposto e si muova per trasformare la paura in intelligente precauzione. Il messaggio, per esempio, non può essere quello quotidiano del bollettino dei contagiati e dei morti a prescindere: senza che si spieghi se i contagiati sono asintomatici e se i morti sono collegati a questa fase o vengono da contagi della fase precedente. Bisogna distinguere e razionalizzare: questo deve fare la politica. Ma non lo ha mai fatto: pensiamo all’immigrazione”.
Coronavirus, il bollettino del 5 settembre
La politica, dunque, ha favorito le nostre paure invece di razionalizzarle?
“Sicuramente. Il nostro sistema politico ha dato ampiamente prova di non avere in mano strumenti di prevenzione effettiva rispetto a emergenze come la pandemia: si pensi solo agli scontri tra potere centrale e Regioni. E questo ha fatto aumentare le paure e la percezione del pericolo. Se avessimo avuto tre o quattro volte i centri di rianimazione che avevamo la percezione della paura sarebbe stata differente. Oggi, però, il messaggio dovrebbe essere: sappiate che, rispetto a febbraio e marzo, la situazione è cambiata ed è sotto controllo. E invece siamo massacrati da annunci anche esteticamente deliranti: come sui treni, quando ci dicono di cambiare la mascherina ogni quattro ore. Pensi che per dire queste cose qualcuno mi ha accusato di negazionismo”.
Addirittura?
“Sì, ma quale negazionista del… Dico solo che sono infinite le cose nella vita che ci fanno paura, ma vanno affrontate, con i rischi connessi al vivere, per evitare che la vita si trasformi in una fuga. Nel nostro caso, insisto sui messaggi: devono servire a razionalizzare i pericoli, non ad alimentarli, perché non possiamo permetterci nuovi lockdown: sarebbe una catastrofe economica e sociale quando non abbiamo neppure contezza dei danni di quella che abbiamo vissuto”.
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