A Cernobbio con la sacca vuota
Il tentativo di scaldare la platea di Cernobbio Giuseppe Conte lo fa a metà intervento. Nel salone di Villa d’Este che ospita il Forum Ambrosetti fino a quel momento va in scena la narrazione del Governo che ha saputo tenere in piedi il Paese resistendo a una crisi storica. I presenti accompagnano con sparuti applausi di rispetto, senza entusiasmo. E Conte dice: “Questa estate abbiamo lavorato”. L’attenzione si fa massima, anche perché non sono mancati gli imprenditori che hanno messo in dubbio l’operosità e la concretezza del Governo nelle ultime settimane. I venticinque minuti che seguono rivelano la precarietà del tentativo. Sul tavolo del Governo c’è una sacca ancora vuota. A partire dai 209 miliardi del Recovery Fund. Conte non dà mezzo dettaglio sui progetti, né una data o un’agenda di lavoro. Non sarà “un contenitore da riempire”, assicura, la sfida è “vincere i nodi strutturali”, anche perché “nessuno sa quando usciremo dal quadro economico negativo”.
Dopo un agosto passato in silenzio, il premier prova a mettere in fila una doppia uscita pubblica. Ma se poche ore prima, alla festa del Fatto quotidiano, aveva lanciato messaggi politici molto concreti – schierandosi per il Sì al referendum, criticando la fallita alleanza fra M5S-Pd alle Regionali, slegando però il Governo dall’esito del voto amministrativo, ma soprattutto blindando la sua permanenza a palazzo Chigi anche dallo spettro di Mario Draghi – sulle rive del lago di Como il tentativo di rassicurare sull’idea di rilancio del Paese non trova lo stesso smalto. Nel salone ci sono imprenditori, rappresentanti della finanza, economisti. Gente abituata a masticare il linguaggio della concretezza e non quello delle suggestioni e delle promesse infinite. Bisogna dare risposte, quantomeno l’idea di una strategia a medio-lungo termine, insomma un segnale che il Paese, dopo il rimbalzino fisiologico post lockdown, possa instradarsi verso un recupero strutturale.
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