Willy Monteiro Duarte, i due super testimoni: «È stato Belleggia a colpirlo alla testa»

«Venite, c’è un casino»

È qui che uno dei due testimoni avverte Gabriele e Marco Bianchi: «Venite, sta succedendo un casino». L’acquisizine dei tabuati telefonici disposta dalla procura di Velletri trova la sua motivazione con la ricerca di conferme su questo passaggio. I Bianchi non si tirano indietro. E come già capitato altre volte, secondo il racconto di tanti in paese, i due esperti di Mma arrivano a difesa degli amici a far valere muscoli e tecniche di combattimento. I testimoni riferiscono di spintoni e qualche schiaffo, molti avversari di Belleggia e Pincarelli si danno alla fuga. Nello scontro due amici di Willy riportano ferite guaribili in 10 giorni.

L’arrivo di Willy

Sul posto, nel frattempo, è arrivato anche il 21enne di origini capoverdiane, che di ritorno dalla sua uscita con gli amici di Paliano dopo il turno di lavoro nel ristorante dove fa apprendistato e si guadagna l’indipendenza economica, vede il suo amico Federico Zurma. Il coetaneo suo compagno di studi è in difficoltà e Willy si mette in mezzo a fare da paciere. Prova a raffreddare gli animi, non partecipa allo scambio di colpi ma ne rimane coinvolto. Cade, colpito forse da una manata di Marco Bianchi. Prova a rialzarsi sulle braccia come quando si fanno le flessioni, ma i due che hanno iniziato la rissa vogliono anche chiuderla prendendosi l’ultima soddisfazione. Pincarelli gli dà un pugno al capo, Belleggia un calcio «da karate», al volto. Un dettaglio, questo, riportato anche in altre testimonianze raccolte dai carabinieri. Belleggia è in effetti un karateca: nel suo interrogatorio ha detto di non aver colpito il ragazzo, accusando implicitamente gli altri del gruppo. In ogni caso Willy ricade e non si alzerà più.

L’arresto

Il suv Q7 dei Bianchi riparte inquadrato dalle telecamere, stavolta con a bordo anche Belleggia e Pincarelli. Vanno ad Artena, nel locale di Alessandro, il fratello maggiore di Gabriele e Marco non ché proprietario del Suv. È lui che racconta di aver sentito i fratelli inveire contro gli amici: «Per colpa di sti’ di due… che hanno combinato…». Neanche mezz’ora dopo arrivano i carabinieri mentre prendono un caffé. Qualche parola, poi l’invito ultimativo a seguirli in caserma.

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