Solo il Sì ci spingerà al cambiamento
di Gian Giacomo Migone
«L’esito del referendum sul taglio del numero di parlamentari è incerto, al di là dei sondaggi. Cresce il numero dei pronunciamenti negativi, partiticamente trasversali, da Cuperlo a Brunetta, appello di giuristi per il No…». Caro direttore, proviamo, quindi, a ragionare sugli effetti di una tutt’altro che improbabile affermazione significativa del No. Sicuramente quello di indebolire il governo Conte e la maggioranza che lo sostiene, specie se fosse accompagnato da qualche sua sconfitta nelle concomitanti elezioni regionali. Esiste uno schieramento, anch’esso trasversale, che ci metterebbe la firma.
Dal punto di vista della funzione parlamentare, il rigetto del taglio costituirebbe, invece, un importante consolidamento di uno status quo di rilievo istituzionale e sistemico. Gli attuali 630 deputati e 315 senatori continuerebbero, salvo eccezioni, a rappresentare pochi e a contare nulla, o quasi. Dal Porcellum in poi, fino al Rosatellum vigente — a suo tempo imposto, a suon di voti di fiducia, dal governo Gentiloni — la legge elettorale produce soprattutto dei nominati, vuoi attraverso listini precostituiti, vuoi attraverso premi di maggioranza.
La presenza di costoro in Parlamento non dipende dalla volontà di un elettorato, piccolo o grande che sia, bensì da un negoziato tra miniapparati di partito, nazionali e locali, con frequenti interferenze di centri d’interesse — altrimenti detti società civile, lobbies o corporazioni — in grado di offrire visibilità e finanziamenti ai beneficiati. Ne consegue che la maggioranza di costoro a tutto sono interessati meno che a rappre-sentare elettori con cui hanno rapporti territoriali inesistenti e rapporti politici controllati e gestiti dai suddetti poteri. E ad esercitare quei poteri, legislativi e di controllo sull’operato governativo, che la Costituzione conferisce loro.
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