Solo il Sì ci spingerà al cambiamento

Da un punto di vista semplicemente democratico, il danno è colossale. In un mondo in cui le ineguaglianze economico-sociali, tragicamente accresciute dalla pandemia, crescono di pari passo con autoritarismi rampanti persino nelle culle della democrazia moderna. Per i cittadini italiani, e non, le istituzioni democratiche, in primo luogo i Parlamenti, costituiscono i principali strumenti di difesa e di sovversione di uno status quo sempre più minaccioso perché indifferente a pericoli incombenti di ogni tipo (sociali, ecologici, sanitari, nucleari). Se trionfasse il No, le probabilità di ottenere una legge elettorale sostanzialmente diversa da quella vigente sarebbero pochissime.

Non a caso, nessun rappresentante di partito, nemmeno Nicola Zingaretti, esclude con chiarezza altri nominati, cioè sottratti dalla libera scelta del cittadino elettore. Il Germanicum, di cui si vocifera, prevede la presenza di listini precostituiti dai partiti.

Nemmeno la decisione del taglio assicurerebbe la fine di questo scempio. Eppure l’ostilità diffusa nei confronti del Sì dipende dal fatto che la sua vittoria costringerebbe, per ragioni tecnico-giuridiche, governo e Parlamento a mettere mano alla legislazione elettorale vigente, aprendo un vaso di Pandora potenzialmente virtuoso; una discussione ampia e veritiera, da cui potrebbe uscire qualcosa di buono. Trascurando il fatto che le Camere, ridotte a proporzioni europee e occidentali, garantirebbero maggiore funzionalità e dignità a eletti riconoscibili dal loro territorio di afferenza. Invece, l’affermazione del No costituirebbe un significativo «come stammo stammo». È questo che vogliono i cittadini elettori, oltre che gli apparati di partito?
Presidente della Commissione esteri del Senato dal 1994 al 2001

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