La coda di paglia dei partiti sul referendum

Prendiamo il centrodestra, per esempio. Matteo Salvini e Giorgia Meloni si sono detti favorevoli al taglio, salvo negli ultimi giorni ammorbidire le proprie posizioni (Salvini più della Meloni) e ovviamente parlare di altro ai banchetti. Folgorati sulla via di Damasco? Forse. Ma soprattutto consci del fatto che una vittoria del No potrebbe dare la spinta decisiva al governo dopo una probabilepossibile sconfitta della sinistra alle regionali. Speculare la posizione del Pd, che ha votato tre volte No alla riforma in sede di conversione, ma che sull’altare della governabilità si è ufficialmente schierato per il Si (senza che, ovvio, nessun esponente dem abbia fatto adesso un mezzo post per il taglio). Anche per loro l’obiettivo è contingente: non inimicarsi i grillini, in funzione regionale, governativa o quirinalizia. E pace se in cambio del Si Zingaretti aveva chiesto una serie di riforme a mo’ di bilanciamento, richiesta reiterata ai Cinquestelle con un deciso penultimatum la settimana scorsa e puntualmente ignorata.

Una cattiva coscienza complessiva che non contribuisce a far comprendere agli elettori i termini della questione. Forse è proprio il caso di dire: non servono meno politici, ma migliori. O per lo meno con le idee più chiare.

QN.NET

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