Toscana, allarme rosso per il Pd

Perché la novità è che la destra ha fatto tesoro della lezione emiliana, attenta a non spaventare, perché citofoni, caccia all’uomo e onnipotenza sovranista risvegliano un cuore antico, che da quelle parti pulsa ancora. Democratico e antifascista. La Ceccardi in tallieur, camicie stirate, capello in ordine come le brave ragazze di una volta, tono di voce pacata ha cambiato look, tono, postura, linguaggio, proposte, nel senso che non dice pressoché nulla, ma lo dice bene. Ma soprattutto non sostiene ciò che sosteneva qualche tempo fa, ai tempi in cui delle foto al poligono con un revolver in mano, delle periferie con gli spray, dei comizi contro le moschee, contro le case popolari agli immigrati, contro i preti “rossi” e, in fondo, anche un po’ contro il Papa e pure John Lennon. Già, perché poco prima dell’estate la sindaca ha impedito che i bambini delle scuole elementari cantassero Imagine, perché esprime valori discutibili: troppo mondialista, globalista, insomma non proprio l’Inno del Dio Patria, famiglia. Ora, è cambiata l’immagine e l’immaginario, oltre che il look. Eccola mano per mano con un bambino su un prato verde, che fa tanto Mulino Bianco, o presenziare, con rispetto, alla festa della Liberazione di Sant’Anna di Stazzena, luogo iconico di quell’antifascismo che storicamente, nella propaganda leghista, è un fastidioso ferro vecchio.

Torniamo alla riunione in via Forlanini: “È evidente che non ha un’idea e gioca tutto solo sul fatto di essere una novità, dice solo ‘che bello essere qua’, ‘sarò il presidente di tutti’, utilizzeremo il recovery’, proprio lei… Però a noi non basta l’inerzia”. È questa l’analisi, anche perché la tesi è che lei è la pedina, ma gli attori sono ben altri: “È chiaro – dice la Bonafè – che c’è un pezzo di mondo che scommette sul fallimento qui in Toscana con l’obiettivo di far saltare il governo, basta leggere i giornali di Confindustria”. Ecco, il governo, il Pd, dove si aprirebbe una discussione senza precedenti. E, inevitabilmente, entrerebbe in discussione il segretario. Gualtieri, giovedì sera, dopo un tour ad Arezzo e una serie di incontri pubblici con le categorie produttive, a cena alla festa dell’Unità di Fiesole ha rassicurato i compagni: “Secondo me vinciamo, ma anche se perdiamo non vedo alternative, perché un’altra maggioranza non c’è. E che facciamo, togliamo Conte che è il più popolare di tutti? L’unica alternativa è il voto, ma lo vedo difficile che si possano sciogliere le Camere in piena sessione di bilancio e in piena discussione sul recovery”.

La verità è che nessuno sa fare previsioni. E non solo perché è cambiato il mondo, anche in Toscana. Dove negli ultimi anni sono passati a destra sei su dieci capoluoghi di provincia (Arezzo, Pisa, Siena, Grosseto, Pistoria, Massa). Ma perché è il clima indecifrabile: “È una campagna strana, il Covid, le mascherine, la misurazione della febbre, e poi la gente sta con la testa altrove, al lavoro, alla crisi”. Strana per tutti, perché quelli della Bestia sono bravi a fare le foto, ma a Prato di persone qualche ce n’erano 300, anche se  su facebook sembrano mille. A Giani proprio questo è stato consigliato di parlare di proposte concrete, in sintonia con la tradizione del buongoverno: asili nido gratuiti, microcredito verso le piccole e medie imprese, digitalizzazione dell’assistenza a domicilio, nel solco di ciò che è stato già avviato da Rossi. E poi: mobilitare, mobilitare, mobilitare. È vero Salvini ha cambiato registro, rispetto al primo comizio a Empoli, quello del “mandiamoli a casa”. Ha capito che la “politicizzazione” gli si rovescia contro, come accadde con la Borgonzoni: “Non è un test nazionale si vota per la Toscana”, dice adesso, con l’obiettivo di incassare lo stesso risultato (la spallata) con diversi toni. Però è sempre lui, il grande nemico, espressione della negazione genetica della storia di quelle parti: “Guardate – ha avvertito Rossi – che qui l’antifascismo è ancora un valore, mobilita, anche se nel nostro mondo c’è stanchezza”.

E che stanchezza. Un brivido è corso lungo la schiena alle immagini dei candidati di Fratelli d’Italia che a Cascina fanno campagna elettorale nelle case del Popolo. Dicevamo, mobilitare. La Bonafè ha messo su, da oggi fino a domenica, una “mobilitazione straordinaria”, con cinquecento gazebo in tutta la regione, con una particolare attenzione su Firenze, che assieme a Pistoia e Prato è la trincea nella trincea, accerchiata dagli ex, An equamente distribuiti tra Lega e Fratelli d’Italia, che governano un po’ ovunque. E ormai attirano, nella parte Nord, anche la simpatia degli industriali. Mentre la Confindustria regionale, a Firenze, ha firmato un patto per lo sviluppo assieme ai sindacati promosso da Rossi. E spera di non assistere a delle sorprese: “Vinciamo, magari di poco, ma vinciamo”, si dicono al Pd. Un grido di battaglia, un auspicio, un esorcismo di una sconfitta che renderebbe inadeguata ogni parola. 

L’HUFFPOST

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