Ai funerali di Willy un paese e un premier contro la mitologia delle violenza
Poco prima, nell’omelia, anche Monsignor Parmeggiani, aveva sottolineato la necessità di “un patto educativo a trecentosessanta gradi”, di un impegno comune “perché la morte di Willy non cada nell’oblio”. Toni vibranti, grande commozione tra le persone che seguono la cerimonia, nel campo sportivo e fuori, il naso incollato alle recinzioni. Tutti vestiti di bianco, come “segno di purezza e gioventù”: lo ha chiesto la famiglia del ventunenne ucciso, a Capoverde è il colore del lutto quando muore un giovane. I familiari di Willy, la mamma Lucia, il papà Armando, la sorella Milena sono in prima fila. Qualche sedia più in là, il presidente del Consiglio, attesissimo, che catalizzerà tutta l’attenzione, non solo dei giornalisti. Protagonista di una operazione più politica che mediatica, in camicia rigorosamente bianca – che spicca sul blu dei pantaloni – nel rispetto della richiesta dei genitori di Willy, oscurerà il segretario del Pd e Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti e la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, relegati al ruolo di comprimari.
Zingaretti è arrivato un’ora prima – “Ora pretendo giustizia”, dice ai giornalisti – saluta e ascolta i sindaci della zona, tutti presenti, esattamente come farà più tardi il presidente del Consiglio. Che, però, sorride di più, stringe mani con maggiore convinzione, allarga l’uditorio dei sindaci, ne raccoglie istanze e richieste.
“Non conoscevo Willy, non conosco la sua famiglia, ma siamo venuti qui perché è ora di dire basta al fatto che i figli di noi immigrati vengano uccisi così. Ci auguriamo che la questione non venga minimizzata. Su questo il presidente deve dire una parola chiara”, dice Farhia. È somala, vive a Livorno, “sono arrivata in questo Paese diciannove anni fa, sono italiana, i miei figli sono italiani e ci aspettiamo che il Presidente dica le cose come stanno, che mandi un messaggio forte”. La cerimonia è quasi finita, Conte si avvicina ai familiari di Willy. Centinaia di palloncini bianchi volano in cielo, il premier abbraccia e bacia la Lucia, Armando e Milena. “L’Italia è con voi, vi vuole bene”, assicura. La mamma, il papà e la sorella del 21enne accompagnano fuori il feretro, la mamma bacia la bara di legno chiaro, l’ultimo saluto al figlio ucciso da una violenza sorda, inspiegabile. Eppure diffusa nel Paese, più di quanto forse si potesse pensare prima dell’omicidio di Willy. Una cultura da contrastare, “una mitologia” per dirla con Conte, che – non tralasciando di chiedere “pene certe e severe” – oggi da Paliano l’ha inserita tra le priorità della sua agenda politica. Presente e futura.
L’HUFFPOST
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