Inizio scuola, una ripartenza zoppicante. Eppur si muove

di GABRIELE CANÈ

Intanto mettiamoci d’accordo sulle definizioni, non solo per un problema di forma, ma anche e soprattutto di sostanza. Bene. Se diciamo che oggi “riapre la scuola”, diamo un’immagine inesatta. Sbagliata. Se invece osserviamo che oggi in molte parti d’Italia ricominciano in qualche modo le lezioni, beh, ci avviciniamo più correttamente alla realtà. Con la consapevolezza che anche questa ripartenza zoppicante è comunque un avvenimento di segno positivo. Da salutare con soddisfazione, e da affrontare con la voglia di tutti di superare gli ostacoli. Che saranno tanti.

Lo ha detto anche il presidente Conte in un video messaggio dai toni accattivanti, come il mestiere gli impone, e con la l’ammissione che “ci saranno disagi”. Come tutti sanno, del resto, e come la comunicazione ufficiale spesso non faceva intendere neanche lontanamente. Un po’ come succede con la cassa integrazione in deroga: l’Inps ci dice che in effetti qualcuno è rimasto indietro, però metà di quelli che incontri e che ne avrebbero diritto, ti confermano che bene che vada hanno visto i mesi di marzo e aprile. Mistero. Per la scuola è un po’ la stessa cosa.

Perché non ci dovrebbero essere alunni sforniti della “mascherina di Stato”, ma a tante famiglie le direzioni didattiche hanno spiegato di non averle, raccomandando di portarsele da casa, gel compreso. Perché i banchi “rotanti”, ammesso che servano, arriveranno più avanti. Perché la ripartenza c’è, ma a singhiozzo: qualche ora o qualche giorno in aula, altri da remoto; nei giorni pari l’ingresso due ore dopo, in quelli dispari l’uscita due ore prima. Con i genitori in paranoia per cercare di organizzarsi, e le aziende in attesa di sapere chi sarà al lavoro, o chi marcherà visita per fare compagnia al pupo.

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