Elezioni 2020, Zingaretti avverte gli alleati (e il Pd). Sale pressing per il rimpasto
di ETTORE MARIA COLOMBO
Svolta nell’azione del governo, cui chiede “rigore assoluto” e che – come ha detto il suo vice, Andrea Orlando – si traduce con una parola: rimpasto. Basta con gli attacchi degli “alleati” (M5s e Iv). Appello, mai così netto e aperto, al voto disgiunto rivolto “agli elettori dei partiti alleati” (sempre M5s e Iv) per le Regionali. Infine, ciliegina sulla torta: “Altro che subalterni, combatteremo per il Mes“.
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Il segretario dem, Nicola Zingaretti, chiude la Festa nazionale dell’Unità di Modena – davanti a un folto pubblico e al gotha dem – con un discorso forte, imperioso e che ad alcuni appare persino “un po’ disperato”. Come quell’autocritica sulla mancata innovazione e quell’invito ai giovani a “prendersi il partito”. Il Pd è a un bivio e la leadership di ‘Zinga’ pure: se il risultato delle Regionali sarà un pareggio (3 a 3), che per il Nazareno equivale a una vittoria (la tenuta, oltre che della Toscana ‘rossa’, della Puglia, oltre la Campania), il Pd alzerà la voce e chiederà, a Conte, di imprimere la sua di linea a un governo che, evidentemente, non decolla.
Se, invece, la sconfitta sarà di 4 a 2 o, peggio ancora, di 5 a 1 (con la rovinosa perdita della Toscana), lo stesso primato di Zingaretti dentro il partito potrebbe vacillare, messo a dura prova dai contestatori interni (Bonaccini, Gori) ed esterni (Saviano, le Sardine). Un congresso anticipato, a quel punto, diventerebbe inevitabile. Zingaretti lascerebbe, restando governatore del Lazio, e Orlando ne prenderebbe il testimone candidandosi in sua voce e sfidando sicuramente le minoranze interne ribelli e, forse, lo stesso Bonaccini. Il governo, ovviamente, ne risentirebbe, forse in modo grave, ma il terremoto avrebbe più l’epicentro nel Pd che a Chigi. Ma, almeno per ora, il Pd scaccia i cattivi pensieri e, anzi, da ieri, mette su la ‘faccia feroce’.
Si diceva del rimpasto. Se tre indizi fanno una prova, come diceva Agatha Christie, le uscite prima, giorni fa, di Goffredo Bettini, ideologo del segretario, ieri mattina del vicesegretario, Andrea Orlando, e, a sera, pur se sotto forma di warning agli alleati, di Zingaretti, a quello puntano. Orlando parla apertamente di rimpasto, pur fingendo di non puntare ai posti: “Non si tratta tanto di cambiare questo o quel ministro, ma di aprire una fase nuova. Con chi (fare il rimpasto, ndr) – continua – lo deciderà Conte, ma che si tratti di disporre la squadra in assetto diverso è un’esigenza che deriva da questa fase”.
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