Al tavolo col Dragone

Il resto è ancora da definire. “E’ necessario fare un enorme quantità di lavoro. Potrebbe succedere, ma oggi non posso dare una garanzia” di accordo, dice Merkel. La speranza della cancelliera è di riuscire a ottenere qualcosa da Pechino proprio perché ormai l’economia cinese è diventata presenza massiccia a livello globale. “Economicamente la Cina è diventata molto più forte” del passato, dice la leader tedesca, “pertanto gli appelli alla reciprocità e a regole per una concorrenza leale (‘level playing field’, ndr.) sono più che giustificati”, “la cooperazione” con Pechino “deve essere basata su determinati principi” e devono esserci “regole” per il multilateralismo.

Ma a Pechino non la pensano allo stesso modo. Merkel ammette che “sulla questione Hong Kong, sul rispetto delle minoranze e sui diritti umani ci sono differenze”. Il compito di lanciare gli ennesimi appelli è affidato al presidente del Consiglio europeo Michel: “Ue e Cina hanno responsabilità globali e devono sostenere l’ordine internazionale basato sulle regole. La legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong continua a destare grave preoccupazione. La Cina mantenga le promesse fatte al popolo e alla comunità internazionale. Abbiamo reiterato le nostre preoccupazioni per il trattamento delle minoranze, in Xinjiang e in Tibet, e per il trattamento dei difensori dei diritti umani e dei giornalisti”. La richiesta europea è di poter inviare un team di osservatori nello Xinjiang. “Di diritti umani discuteremo ancora in altri incontri a Pechino entro la fine dell’anno, sperando che includano anche una visita in Tibet”, dice Michel, ma il tono tradisce scetticismo.

E anche sul clima non ci sono molti progressi. Alla vigilia del vertice, gli europei pensavano di poter discutere con Xi Jinping di un impegno della Cina a diventare paese neutrale – dal punto di vista delle emissioni nocive – nella seconda metà del secolo. Come si sa, l’Unione Europea si è data la scadenza del 2050 per diventare il primo continente a zero emissioni. Ma quando in conferenza stampa noi di Huffpost chiediamo a Merkel se si sia parlato di scadenze nel vertice e se il 2060, come indicato da alti funzionari europei alla vigilia del vertice di oggi, possa essere una scadenza realistica per Pechino, la cancelliera risponde così: “Non possiamo dare scadenze alla Cina, così come la Cina non le dà a noi. Non siamo andati nel dettaglio, le trattative continueranno ad alto livello”.

Vero è che, al contrario di Trump, Pechino ha firmato gli accordi di Parigi sulla lotta ai cambiamenti climatici. E inoltre, spiega Merkel, “la Cina sta allestendo un sistema di tracciamento delle emissioni nocive che in Europa esiste già”. Peccato che su questo l’Europa non possa dare molte lezioni: il sistema europeo non riguarda il traffico aereo e marittimo. Per ora, comunque, la Cina resta il paese produttore del 50 per cento di emissioni nocive nel pianeta, ‘grazie’ al suo apparato industriale legato al carbone.

Si spera in un altro vertice Ue-Cina con presenza fisica dei leader a Bruxelles, “quando la pandemia lo permetterà”, dice una Merkel rammaricata per non aver potuto ospitare l’evento di oggi a Lipsia, un palcoscenico in meno per la presidenza tedesca dell’Ue che termina a fine anno. Ma l’appuntamento era così importante che si è tenuto anche se solo in videoconferenza.

A fine vertice, gli europei prendono tempo: “Sull’accesso al mercato, ad esempio il servizio delle telecomunicazioni e computer ci sono barriere che devono essere rimosse, e lo stesso vale per il settore dell’automotive e per lo sviluppo sostenibile. Vogliamo vedere dei progressi”, dice von der Leyen. I cinesi invece spingono per chiudere: da Pechino, l’agenzia Xinhua fa sapere che oggi al vertice con gli europei, la Cina ha confermato “l’impegno ad accelerare i colloqui sull’accordo bilaterale sugli investimenti”. L’obiettivo: concludere i negoziati entro la fine del 2020.

L’HUFFPOST

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