Covid, qual è il rischio di morte oggi? Ecco i dati e il confronto con l’influenza
Le differenze con l’influenza
Possiamo in questo momento considerare il virus come una normale influenza? Dopo il disastro che è successo la risposta è no, ma poiché c’è ancora chi non ritiene indispensabile indossare la mascherina ed evitare assembramenti, il confronto può essere utile. Partiamo dai sintomi, quelli più diffusi sono simili: febbre, tosse, respiro corto, dolore ai muscoli, stanchezza, disturbi gastrointestinali quali la diarrea. Invece perdita del gusto e dell’olfatto indirizzano verso il Covid. Tempi di incubazione: per l’influenza è più breve, da uno a cinque giorni, contro una media di quattro-cinque per il Covid. Statisticamente ogni infetto contagia al massimo 2 persone, il Covid fino a 3,8. L’influenza dura fra 3 e 5 giorni e durante l’intera stagione finisce in ospedale tra l’1 e il 2% degli ammalati. Il Covid dura mediamente da una a due settimane e solo nel periodo di picco (marzo e aprile) è stato ricoverato fra il 15 e 20% dei contagiati.
Le conseguenze del coronavirus sui pazienti dimessi sui polmoni, sistema nervoso, cuore, apparato circolatorio, possono trascinarsi per mesi.
L’incidenza sulla popolazione a confronto
L’ influenza colpisce il 10% della popolazione italiana, con 6 milioni di casi. Il numero di decessi è mediamente di 8.000 ogni anno, ma varia a seconda della virulenza stagionale: se è molto forte, come è successo nel 2015 e 2017, i morti sono stati 24.000.
Il calcolo per il Covid-19 è più complesso, poiché il numero di decessi dei bollettini ufficiali calcolano soltanto i pazienti sui quali è stato eseguito un tampone. Occorre quindi considerare l’eccesso di mortalità, che tra marzo e aprile è di 45.186 morti (variando in modo rilevante da città a città). Un numero che comprende anche gli effetti collaterali, ovvero i decessi di chi non ha potuto curarsi in tempo perché gli ospedali erano pieni.
Come il Covid ha colpito le città
A Flourish data visualization In quanti hanno contratto il Covid, invece, è ancora oggi difficile stabilirlo con certezza: nei mesi più difficili dell’epidemia i tamponi sono stati eseguiti solo ai ricoverati, e tranne l’ormai nota eccezione di Vo’ Euganeo, in quei mesi non erano considerati gli asintomatici, e spesso neppure chi aveva sintomi, perché restava a casa. I risultati dell’Istat su 65 mila test sierologici, eseguiti tra il 25 maggio e il 15 giugno per capire quanti italiani sarebbero stati colpiti dal virus, parlano di quasi 1,5 milioni di italiani infettati (2,5%). Invece l’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), che prende in considerazione i risultati di test sierologici eseguiti su larga scala a livello europeo, arriva a stimare 3,9 milioni di infetti in Italia (6,5%). Una differenza che la dice lunga sulla difficoltà di avere numeri certi in materia di Coronavirus. In ogni caso, partendo da questi dati, e messi a confronto con quelli dell’influenza, si ha un quadro chiaro sulla mortalità e la letalità del virus.
La mortalità dell’influenza (percentuale di decessi sul totale della popolazione), è dello 0,01- 0,04% contro lo 0,07% del Covid. La letalità (percentuale di decessi sul numero degli infetti) è dello 0,1%-0,4% dell’influenza contro l’1-3% del Covid. Detto con parole più semplici: sulla base delle stime dei mesi clou dell’epidemia, il Coronavirus è stato dieci volte più letale dell’influenza. Significa che senza nessun intervento, puntando all’immunità di gregge, ovvero fino all’l’80% della popolazione contagiata, i morti sarebbero stati ad oggi 700.000 in più. Il calcolo è realizzato utilizzando le stime più al ribasso, con una letalità all’1%: ci saremmo dovuti attendere 556.000 morti dirette a cui si sarebbero aggiunte circa 150.000 morti indirette causate da mancanza di posti nelle Terapie intensive ed effetti collaterali. Se consideriamo che ogni anno, in Italia, per tutte le cause, ci sono circa 600-650.000 decessi, è facile comprendere che senza misure di contenimento, la mortalità generale sarebbe più che raddoppiata.
Quei mesi pesantissimi sono alle spalle, ma nessuno è in grado di prevedere il conto che ci presenterà la prossima stagione con la sacrosanta ripartenza di tutte le attività. Dipenderà dai comportamenti di ciascuno di noi. Più resteranno prudenti (mascherine e distanziamento fisico), e più l’incubo sarà gestibile. L’Rt, che misura quante persone contagia un infetto, sta risalendo sopra l’1, e stanno tornando a crescere anche i ricoveri nelle terapie intensive seppure in modo non ancora allarmante. Il ministero della Salute raccomanda dai 65 anni in su, e per le categorie a rischio, di vaccinarsi contro l’influenza, che non tutela dal Covid, ma consente di non confondere i sintomi: in caso di febbre sai che devi correre a fare il tampone. Inoltre, evita ad una buona fetta di quel 1-2% (che equivalgono a circa 100.000 persone) di non finire in ospedale, lasciando così liberi i posti agli ammalati di Covid.
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