“In missione fra drogati, pazzi e detenuti”. Il sacerdote di strada: vietato avere paura
di MARIANNA VAZZANA
Ottant’anni, da sempre dalla parte degli ultimi. Ci fosse un volto del sacerdote di strada, sarebbe quello di don Gino Rigoldi, storico cappellano del carcere minorile milanese Beccaria. O, probabilmente, ci sarebbero tanti visi con tanti occhi: quelli che brillano portando luce dove non c’è nulla, a chi non ha niente. Una missione che apparteneva anche a don Roberto Malgesini, ucciso a 51 anni ieri mattina a Como. Ora don Gino Rigoldi non ha in mente che il suo, di volto. “Incancellabile”.
Don Malgesini ha perso la vita. Questo apre la riflessione sui rischi che corrono ogni giorno i preti di strada, sempre in prima linea, come lei. Come ci si può difendere, continuando a fare del bene?
“Quando una persona si occupa di uomini e donne di strada e dei poveri non pensa mai che possa ritornargli del male. La molla che spinge è fare del bene, ci si domanda solamente come si può aiutare ogni individuo in difficoltà, senza pensare a possibili incidenti o addirittura di poter essere bersaglio di aggressioni che possono portare alla morte. A me, sarà stata fortuna, non è capitato di essere aggredito ma mi sono trovato spesso ad avere a che fare con soggetti aggressivi. Io sono uno che non ha paura. È bastato, nel mio caso, non mostrare di avere paura. Mi è andata bene. E spero sarà sempre così. Fermo restando che i soggetti pericolosi devono essere messi nella condizione di non nuocere. Non è semplice. Anche perché ogni persona è un mondo e basta pochissimo a generare pericolo”.
Che cosa intende dire?
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