Da Colleferro a Caivano, la violenza nichilista dei giovani

L’«ismo»

Oggi il nichilismo si accontenta di riempire quelle menti svuotate di valori con qualche cosa che consenta loro di arrivare fino a fine giornata, che dia almeno un’apparenza lì dove non c’è più senso: che sia il culto del corpo dei due fratelli Bianchi di Colleferro (a proposito, quanto voyeurismo colpevole per quei tatuaggi, quei muscoli scolpiti, quanta oscena esaltazione del corpo maschile); o che sia il senso dell’onore familiare che ha fatto credere a Michele Gaglione di dover punire la sorella Maria Paola; o ancora la cultura predatoria di giovani maschi che si prendono il piacere sessuale con la forza, e puniscono le donne che ne rifiutano il possesso. Se il nuovo nichilismo è questo — assenza di valori — non ha neanche molto senso metterlo in relazione con la politica. La politica è infatti, e al contrario, esaltazione di ideali, anche quando sono sbagliati, o magari fanatici, ma pur sempre ideali. Tanto per dire Atreyu, l’eroe della Storia infinita cui la destra di Fratelli d’Italia dedica la sua festa annuale, nella trama del film è il nemico del Nulla, e si batte per distruggerlo. Le etichette hanno questo di pericoloso: alla prima pioggia si scollano. Anzi, la politica democratica può combattere il nulla. Ed è un peccato che i giovani ne siano stati tenuti così lontani, al punto da essere spinti a disprezzarla sempre più.

La politica

Se di fronte a casi di cronaca talmente efferati, e ripetuti, la buttiamo in politica, rischiamo di non vedere la vera emergenza che essi denunciano: un’emergenza educativa. Si sa che educazione è termine più ricco di istruzione. La sua radice etimologica allude alla necessità di «guidare» il giovane, di «tirar fuori», «estrarre» ciò che di buono c’è in lui. È un processo complesso, che richiede innanzitutto degli educatori, cioè delle persone disposte a rischiare, per farsi amare e rispettare. Non si svolge tutto nella scuola, che ha molti altri compiti accanto a questo, ma si svolge specialmente nella scuola. Spesso a opera di singoli valorosi, quei «maestri» capaci di toccare il punto infiammato che c’è nel cuore e nella mente di ogni personalità in formazione, e fortunati quelli che una volta nella vita ne hanno incontrato uno.

La scuola

Ma meno vanno a scuola i nostri giovani, meno hanno possibilità di fare incontri così. Meno sentiranno parlare di valori, meno avranno speranza di riempirsi di vita, invece che di falsi idoli. I ragazzi di Colleferro, quello di Caivano, l’aggressore di Vicenza, sono molto diversi tra loro, ma una cosa in comune ce l’hanno: non appartengono al ristretto numero di laureati che l’Italia può vantare, fanalino di coda in Europa, visto che solo la Romania ne ha meno di noi. Con questo non si vuol sostenere che l’istruzione terziaria metta al riparo dagli accessi di violenza, purtroppo sappiamo bene che non è così. Ma nel degrado progressivo del nostro sistema educativo, nella sua burocratizzazione, nella svalutazione del ruolo sociale dei professori e della loro autorità, oberati da cervellotiche direttive e pratiche inefficienze, nei tassi record di dispersione scolastica, c’è sicuramente una radice del male che si sta manifestando nella cronaca nera della nostra estate. E forse non è un caso che questa esplosione di nuovo nichilismo coincida quasi simbolicamente con la riapertura dell’anno scolastico, dopo una pausa troppo lunga per non lasciare traccia nello spirito pubblico della nazione. Speriamo che funga da monito. Speriamo che la scuola ci aiuti. Speriamo che ci ricordi che l’educazione non è solo una questione di banchi e supplenze, ma di idee e di valori.

CORRIERE.IT

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