Referendum ed elezioni, ecco qual è la vera posta in gioco
di Massimo Franco
Presentare la consultazione di oggi e domani come una lotta tra dinosauri e nuova specie suona, oltre che stucchevole, fuorviante. Le due categorie si incrociano e si mescolano. E lo stesso concetto di populismo, ambiguo già di per sé, attraversa forze di governo e di opposizione nelle regioni, e fautori del Sì e del No referendario, condizionandoli un po’ tutti. Forse sarà più intrigante analizzare se e quanto i guardiani della purezza e i monopolisti della rivolta contro la «vecchia politica» saranno ancora riconosciuti tali dall’elettorato. Di più: se sarà questa la vera bussola delle scelte.
Lo scarto tra i voti che prenderà il Sì al referendum sulla riduzione dei parlamentari e quelli che andranno al Movimento Cinque Stelle al voto regionale, permetterà di decifrare meglio quanto sia cambiata l’Italia dalle Politiche del 2018 a oggi, e in quale direzione: in primo luogo per i seguaci di Beppe Grillo, tuttora maggioranza relativa in Parlamento. Avere concentrato il proprio impegno solo sul referendum offre già una risposta: i Cinque Stelle sanno di essere in declino elettorale. Lo stesso rifiuto di aderire ad alleanze locali col Pd, nonostante la coabitazione nel governo nazionale, ne è un riflesso. Risponde all’esigenza di ostentare disinteresse per quelle urne, nel tentativo di riaccreditarsi come movimento solitario, regista e beneficiario principale di un’eventuale affermazione del Sì; e di evitare che le faide interne accentuate dal ruolo di governo precipitino fino a una scissione. Ma è evidente che si tratta di una tattica di corto respiro. Se il Pd di Nicola Zingaretti uscirà indebolito oltre misura dalle Regionali, di fatto lo sarà anche il governo guidato dal grillino spurio Giuseppe Conte. Né basterà il tentativo, che già si intravede nelle file grilline, dell’Iv e di una parte del Pd, di scaricare le colpe sul segretario: in particolare se cedesse la diga anche psicologica della Toscana. Le avvisaglie di qualche tentazione di resa dei conti già si vedono, trascurando la solitudine nella quale il Pd è stato di fatto lasciato dagli alleati di fronte a una destra agguerrita e motivata.
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