La Rossanda, le Br e l’album di famiglia
di MICHELE BRAMBILLA
Ogni volta che si parla delle Brigate Rosse – e m’è capitato, solo questa settimana, ben due volte, a Bologna e a Forlì – c’è sempre qualcuno che sostiene la seguente tesi: le Br in realtà erano la longa manus della Cia, della polizia e dei carabinieri, della Dc e del Vaticano. Questa tesi, sostenuta dalla sinistra negli anni Settanta, oggi è curiosamente abbracciata anche da molti che non sono di sinistra, ma che hanno un certo compiacimento nel vedere ovunque il mistero, il complotto, le trame oscure. A tutti costoro rispose già in diretta Rossana Rossanda, la giornalista e intellettuale di estrema sinistra morta ieri a 96 anni.
Nel 1978, quando ancora molti chiamavano “sedicenti” le Br, Rossana Rossanda scrisse sul “manifesto” un memorabile articolo in cui diceva che, leggendo il linguaggio dei sequestratori di Aldo Moro, si riconosceva evidente il marchio di un album di famiglia: quello del comunismo italiano, soprattutto della parte più stalinista. Quando poi cominciarono gli arresti dei brigatisti, l’appartenenza a quell’album di famiglia risultò ancor più chiara. Rossana Rossanda era una comunista convinta ma eretica, e poteva permettersi di contraddire la colossale rimozione che la sinistra italiana aveva fatto del terrorismo rosso. Perché il punto è questo: nella sinistra italiana (una sinistra democratica, legalitaria, sicuramente pacifista) non si volle accettare l’idea che qualcuno avesse potuto scegliere la lotta armata.
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