Petrolio e Covid: così gli aerei a terra minacciano le raffinerie
Il coronavirus è tornato a spaventare i mercati, compreso quello del petrolio: nuovi lockdown darebbero il colpo di grazia all’economia e ai consumi energetici, così le quotazioni del barile – sulla scia delle borse – sono affondate del 5% nella seduta di lunedì 21, portandosi intorno a 41 dollari per il Brent e sotto 40 dollari nel caso del Wti. A complicare la situazione c’è anche l’imminente (per quanto parziale) ripresa delle forniture di greggio dalla Libia, dopo che nel weekend la Noc ha revocato lo stato di forza maggiore in alcuni porti e infrastrutture del Paese. Ma a pesare sul mercato non sono soltanto gli sviluppi delle ultime ore.
La ripresa sognata dall’Opec si è inceppata
La ripresa in cui l’Opec sperava sembra essersi inceppata e – a prescindere dall’allarme per i nuovi contagi da Covid19 – già da qualche settimana si stavano manifestando segnali di debolezza sul fronte della domanda. Sia l’Opec, sia l’Agenzia internazionale per l’energia e il Governo Usa questo mese hanno rivisto al ribasso le stime per il 2020 nell’ultimo bollettino mensile. Se i consumi di benzina a livello globale si sono ripresi piuttosto bene nel corso dell’estate, lo stesso non si può dire per quelli di gasolio da autotrazione, un termometro piuttosto accurato della salute dell’economia. Soprattutto, è diventato sempre più evidente come la crisi del trasporto aereo rischi di provocare un impatto tanto profondo e prolungato da rappresentare una minaccia mortale per molte raffinerie, soprattutto in Europa, dove il settore – in crisi da anni – potrebbe non avere tempo e risorse sufficienti per la riconversione necessaria alla transizione energetica.Leggi anche
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