Dietro il caso Becciu il terrore del Vaticano di finire nella blacklist
“È solo l’inizio”. Questo si sussurra Oltretevere. Cioè le clamorose dimissioni del cardinale Angelo Becciu, non sono affatto l’epilogo di indagini che in Vaticano proseguono da oltre un anno (luglio 2019).
Il Papa è abbastanza provato dalla vicenda. Con Becciu ha vissuto ben 5 anni di coabitazione nel ruolo di sostituto della Segreteria di Stato, un po’ il capo di gabinetto del suo governo. Lo ha nominato cardinale nel 2018 affidandogli l’importante dicastero delle Cause dei Santi (che ora ha dovuto lasciare). Ma Francesco ha preso la sua decisione e non molla. Altre teste rotoleranno. Al di là del caso specifico, il Papa non se lo può proprio permettere, ne va dell’eredità del suo pontificato. E della credibilità della Santa Sede.
La settimana prossima, il 29 settembre – proprio mentre sarà a Roma il segretario di Stato americano Mike Pompeo – arriveranno in Vaticano gli ispettori del Comitato Moneyval del Consiglio d’Europa per una cosiddetta “visita on site” di controllo sull’adempimento degli standard finanziari internazionali, a cominciare da quelli antiriciclaggio. Non sarà una passeggiata. L’ispezione (la seconda dopo quella della prima del 2012, che fece superare alla Santa Sede gli esami dopo gli scandali dello IOR, anche se con alcuni punti da implementare) inizierà il 30 settembre e durerà fino al 13 ottobre. Due settimane in cui le strutture vaticane e il loro modus operandi saranno passate sotto la lente. E con uno scandalo di tali proporzioni in corso di accertamento (come quello del palazzo di Londra e le altre magagne emerse) potrebbe essere non facile. L’esito degli accertamenti potrebbe essere l’ultimo ‘voto’ degli ispettori per far sì che il Vaticano sbarchi nella cosiddetta ‘white list’, l’elenco dei Paesi virtuosi per la gestione dei bilanci, la lotta alla corruzione e al riciclaggio.
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