Colpevole
Non è razzismo, non nell’accezione un po’ semplificata che diamo di solito. Il razzismo non è un sentimento innato, ma una reazione alla paura. La spiegò con rara perizia Jean-Paul Sartre in “L’antisemitismo – Riflessioni sulla questione ebraica”. Il razzista, scrive, «è un uomo che ha paura. Non degli ebrei, certamente: ma di sé stesso, della sua coscienza, della sua libertà, dei suoi istinti, delle sue responsabilità, della solitudine, del cambiamento della società e del mondo; di tutto meno degli ebrei… Sceglie la permanenza e l’impenetrabilità della pietra, l’irresponsabilità totale del guerriero che obbedisce ai suoi capi, ed egli non ha un capo. Sceglie di non acquistare niente, di non meritare niente, ma che tutto gli sia dovuto per nascita – e non è nobile. Sceglie infine che il Bene sia bell’è fatto, fuori discussione, intoccabile… L’ebreo qui è solo un pretesto: altrove ci si servirà del negro o del giallo».
È su questa paura che marcia Salvini, su questo voluto equivoco di tendere la mano ai deboli, mentre colpisce quelli ancora più deboli, gli ultimi fra gli ultimi, li spersonalizza, gli toglie una dimensione umana, li si trasforma in oggetto di pura propaganda e in macchina di consenso col cinismo più raggelante. Non so se sia reato. So che è molto peggio.
L’HUFFPOST
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