Il processo a Palamara va chiuso in fretta, il Procuratore generale della Cassazione Salvi mette il bavaglio a Paolo Mieli
Ieri Salvi è intervenuto di nuovo. Non su La7, come in genere fa il collega Nicola Gratteri (del quale abbiamo parlato ieri su queste colonne, un po’ stupiti per la spavalderia con la quale alterna la sua funzione di Pm a quella di showman in Tv) ma dalle colonne del Corriere della Sera. Il Corriere appartiene sempre allo stesso gruppo editoriale di La 7, ma pretende, di solito, un grado di cultura un po’ più alto. E non mi pare che ci siano dubbi sul fatto che Giovanni Salvi, effettivamente, sul piano culturale e anche della preparazione giuridica sia su un piano diverso da quello di Gratteri. Sul Corriere però ha espresso concetti anche decisamente più aggressivi di quelli del Procuratore di Catanzaro. Ha spiegato che nelle 60mila pagine delle intercettazioni del telefono di Palamara non ci sono reati di altri magistrati. Non è reato, né illecito disciplinare, se Pm e giudici vanno a cena insieme sulle stesse terrazze, non è reato, né illecito, chiedere a Palamara di essere promossi, non è reato né illecito fare accendere o spegnere il trojan a seconda di chi sta vicino a Palamara in quel momento, non è reato né illecito disciplinare organizzare Procure e tribunali (e probabilmente anche sentenze) sulla base dei rapporti di forza tra le correnti. Ammenochè… Leggi anche
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Ammenochè tutto ciò non si svolga nell’Hotel Champagne. Ecco, questa – ha spiegato Salvi sul Corriere, rispondendo all’articolo dell’altro giorno di Paolo Mieli (primo, e unico finora, articolo critico verso la magistratura apparso sulla grande stampa) – è l’unica eccezione. I conciliaboli all’Hotel Champagne vanno puniti severamente, quelli sì e solo quelli. Perché? Perché a quei colloqui hanno partecipato Ferri e Lotti che sono due politici. Salvi ci spiega che un Pm può tranquillamente andare a cena col giudice che dovrà decidere il suo processo, ma non con un politico. E che se è andato a cena col politico non c’è bisogno di prove del suo reato (dice proprio così) ma bastano le intercettazioni. Perché le intercettazioni all’Hotel Champagne sono sufficienti per condannare, anche senza processo, e quelle fuori dall’Hotel Champagne, anche se molto più gravi, non servono nemmeno a far partire una inchiesta? L’unica spiegazione logica è che le intercettazioni all’Hotel Champagne erano illegali (non si può intercettare un parlamentare) mentre le altre erano legali. Non sto mica scherzando, eh. L’idea che la vera giustizia sia l’illegalità è una idea che ormai dilaga.
IL RIFORMISTA
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