Coronavirus in Francia, la proposta di due Nobel: «Lockdown dall’1 al 20 dicembre per salvare il Natale»
«Se non cambia nulla dobbiamo aspettarci un’epidemia generalizzata che durerà molti mesi», dice il presidente dell’Ordine nazionale dei medici francesi, Patrick Bouet. «La seconda ondata sta arrivando più in fretta di quanto temessimo, e il sistema sanitario non sarà in grado di rispondere a tutto le sollecitazioni». Con 14 mila 412 nuovi casi e 39 morti in 24 ore, la Francia vive momenti di grande apprensione, e si teme che le ultime misure annunciate – chiusura di bar e ristoranti a Marsiglia, «zona di allerta massima», e delle palestre a Parigi, «zona di allerta rafforzata» – non basteranno. Gli ospedali di Lione e Marsiglia, in difficoltà, si preparano a trasferire pazienti nelle rianimazioni della regione parigina, e in questo contesto i due premi Nobel per l’Economia 2019, Esther Duflo e Anhijit Banerjee, chiedono che la Francia dichiari un nuovo lockdown su tutto il territorio dal 1 al 20 dicembre, «unica speranza di salvare il Natale e soprattutto le vite degli anziani».
L’intervento
«Nessuno vuole fare la parte del Grinch che ha rubato il Natale, soprattutto non un presidente che vorrebbe essere rieletto. Eppure, se andiamo avanti così, l’ipotesi di un confinamento generalizzato proprio intorno alle feste di fine anno non è da scartare». Comincia così il testo dei due premi Nobel pubblicato da «Le Monde». Duflo e Banerjee lamentano che sia stato necessario un forte peggioramento della situazione perché si prendesse finalmente la decisione di chiudere le palestre, «veri brodi di cultura del virus», nelle grandi città. E la chiusura di bar e ristoranti a Marsiglia è stata subito definita «una punizione collettiva» da parte delle autorità locali. Gli autori del testo evidenziano la scollatura sempre più evidente in Francia tra i medici e gli esperti scientifici da un lato e i responsabili politici dall’altro: i primi segnalano che la seconda ondata sta arrivando e chiedono misure restrittive senza aspettare, per evitare gli stessi ritardi e le stesse morti della primavera; i secondi temono che la popolazione – e il tessuto economico del Paese – non sopporterebbero un nuovo blocco, e prendono tempo.
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