Giorgia Meloni al vertice dei conservatori Ue: prima italiana a guidare un partito europeo
Lavoro che ha già dato i suoi frutti quindi, se è vero che la leader di FdI, che ha portato nel 2019 il suo partito nell’eurogruppo del quale già faceva parte Raffaele Fitto (oggi co-capogruppo e vice presidente dell’Ecr), è stata scelta dai colleghi di forze di governo come il partito vicino al presidente polacco Duda, di opposizione in crescita come lo spagnolo Vox, di tutti i paesi del patto di Visegrád (tranne Orbán, che resta nel Ppe) e dell’Est. Un blocco che si è sicuramente indebolito dopo l’uscita dei Conservatori inglesi dall’Ue, ma che conta — con la scelta di Meloni — di guadagnare nuovi consensi e nuovi rapporti.
Interesse reciproco, d’altronde. La Meloni sa benissimo che nella sfida mai dichiarata ma nei fatti con Salvini, l’accreditamento internazionale ha un peso cruciale. E da due anni si muove per guadagnarselo, attraverso una rete sempre più fitta di relazioni tessute in Europa sia da Fitto sia da Carlo Fidanza, capodelegazione di FdI, e in America da più contatti diretti che hanno portato a due visite con incontro informale con Trump, una nel 2019 al Cpac (convegno annuale degli attivisti conservatori) e l’altra lo scorso febbraio a Washington al National Prayer and Breakfast, ristretto circolo della destra Usa. Di converso, la manifestazione del partito — la festa di Atreju — si è sempre più aperta ad ospiti internazionali.
Movimenti che non sono passati inosservati nelle cancellerie e sulla stampa europea e d’Oltreoceano, dove la Meloni guadagna spazio e attenzione. Che oggi le richiederanno di raddoppiare gli sforzi, perché il ruolo di presidente non resti solo un titolo ma sia una carta pesante da spendere al tavolo della coalizione di centrodestra.
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