È impossibile fare finta che i numeri non contino

di Angelo Panebianco

La matematica è sempre stata la cenerentola delle materie scolastiche in Italia. Una fra le tante conseguenze negative è che molti adulti che animano la vita pubblica sembrano pensare che i numeri siano irrilevanti, che non sia affatto detto che due più due faccia sempre quattro. I 5 Stelle sono andati malissimo nelle elezioni regionali e locali? Il Pd, ossia Zingaretti, se l’è invece cavata bene? Ecco allora che il Pd può dominare il governo e imporre ai 5 Stelle la propria agenda. Peccato che i numeri, almeno fin quando durerà l’attuale legislatura, dicano il contrario: i 5 Stelle, spaccati al loro interno quanto si vuole, restano il partito di maggioranza relativa e il Pd è la ruota più piccola del carro governativo. Credere che questo non conti, tanto nel Consiglio dei ministri quanto nelle commissioni e nelle aule parlamentari, credere che ciò che pensano coloro che fanno parte del partito di maggioranza relativa non pesi di più — si tratti, ad esempio, di uso dei fondi europei o di politica giudiziaria — di ciò che pensano i membri del partito più piccolo, rivelano incomprensione dell’importanza dei numeri. Anche quando si giudica il risultato del referendum sul taglio dei parlamentari è necessario tenere conto dei numeri e saperli interpretare. Beppe Grillo li ha interpretati correttamente. Ha rilanciato il suo ben noto credo antiparlamentare. Grillo ha capito che una parte cospicua , probabilmente maggioritaria, dei «sì» al taglio di deputati e senatori era il frutto di una diffusa avversione alla democrazia parlamentare. Proprio ciò su cui i proponenti del referendum avevano scommesso.

Naturalmente, il risultato del referendum dice solo che l’antiparlamentarismo fa presa su una parte ampia dei nostri connazionali. Non dice che essi siano in maggioranza. Anzi, la sorpresa è che costoro sono meno numerosi di quanto si potesse ipotizzare alla vigilia del referendum. Sia perché la percentuale di votanti ha superato di poco il cinquanta per cento, sia perché per ottenere il numero degli antiparlamentari duri e puri dalla somma dei «sì» occorre sottrarre la quota (probabilmente di minoranza ma certamente presente) di coloro che hanno votato «sì» per le ragioni egregiamente spiegate su questo giornale da Antonio Polito (Corriere del primo e del 24 settembre), perché pensavano che questa sforbiciata servisse a migliorare il nostro sistema parlamentare e perché non volevano lasciarne il monopolio agli antiparlamentari.

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