Il referendum in Svizzera. Quando gli stranieri siamo noi
Perché “Prima gli Svizzeri”? C’era il timore che gli italiani portassero via posti di lavoro? No. Dal 1962 al 1974 la Svizzera non ha praticamente conosciuto disoccupazione. E anzi era solare che gli italiani avessero contribuito in modo determinante al benessere di tutti, in quegli anni del boom. Concetto Vecchio, che è figlio di due italiani che in quel tempo vivevano in Svizzera, spiega tanto odio con la paura della diversità. Gli italiani – che pure erano cristiani come gli svizzeri, e che quindi degli svizzeri avevano le medesime radici culturali – mostravano un modo diverso di parlare, di mangiare, perfino di ballare. E questa diversità genera una paura: quella di perdere la propria identità.
Ma è una paura reale? Non c’è alcun dubbio che l’immigrazione ponga oggi problemi che non possono essere risolti dal buonismo o dal facilismo. Però temere di perdere l’identità è spesso un fantasma pericoloso, che non tiene conto che ogni identità (compresa la nostra) è la somma, nel tempo, di tante diversità divenute ricchezze.
Schwarzenbach perse il referendum per pochi voti (46 a 54 per cento) e oggi il clima in Svizzera nei nostri confronti è molto cambiato. Non ovunque, però, se è vero che in Canton Ticino, domenica, ha vinto il “sì“. Storie diverse, ma che comunque ci invitano a riflettere su quando gli stranieri eravamo, e siamo, noi.
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