Dentista, ecco quanto guadagna su otturazioni, impianti e corone. L’assicurazione conviene?

Se si vuole ottenere la prestazione senza pagare nulla bisogna rivolgersi ai dentisti convenzionati (perché a loro il rimborso lo fa direttamente il fondo sanitario o l’assicurazione). Se invece uno vuole scegliere a chi rivolgersi deve pagare di tasca propria, per poi ottenere un rimborso spesso parecchio inferiore alla fattura, e destreggiarsi tra franchigie, massimali e autorizzazioni decisamente disincentivanti, fino ad arrivare addirittura a non essere rimborsato.

Mediamente per un’otturazione il dentista chiede al paziente 130 euro, ma se ha una copertura assicurativa privata il costo può scendere fino a 65 euro perché quella è la tariffa indicata unilateralmente dall’assicurazione: chi non ci sta è fuori. Per una corona sono 800 euro che possono diventare anche 415 per chi ha la polizza, mentre per un impianto passiamo da 1.000 a 840. E così via.

I conti in tasca ai dentisti

Siamo andati a fare due conti in tasca ai dentisti che, di certo, non se la sono mai passata male a incassi. Almeno fin qui. Questi sono i costi minimi che devono sostenere per un’otturazione: vestizione paziente 1 euro, consumo materiali (cioè composito biocompatibile con adesivi, kit frese, diga monouso) 19 euro, sterilizzazione degli attrezzi 10. Più 50 euro di costo poltrona, che vuol dire quanto al dentista costa all’ora lo studio tra affitto, segretaria, bollette della luce, smaltimento rifiuti. Totale di costi vivi per un’otturazione: 80 euro. Per una corona in ceramica: consumo frese, sterilizzazione, cemento 40 euro; per prendere l’impronta 50; costo del laboratorio odontotecnico 250; più 4 visite, che fanno 200 euro di costo poltrona (per limare il dente, di nuovo impronta, prova della cappetta, inserimento corona e cementificazione). Totale: 540 euro. Per un impianto in titanio: 250 euro di materiale, poi accessori per l’intervento come consumo delle frese, bisturi, vite, dima chirurgica, ecc. 150 euro; moncone per la ricostruzione del dente fanno altri 200; visita iniziale, intervento, eliminazione dei punti fanno altri 150 euro di costo poltrona. Totale: 750.

La qualità delle cure a rischio

Da una parte alle assicurazioni conviene spingere le tariffe sempre più in basso per allargare la platea dei clienti, dall’altra i dentisti, se non vogliono vedersi preclusa una fetta di mercato, sono costretti ad accettare. Su 39.079 titolari di studi odontoiatrici oggi i convenzionati sono 10.592. I grossi centri lavorano sulle economie di scala e riescono più facilmente ad ammortizzare i costi.

Per gli altri sta diventando un’odissea tra listini al ribasso, esclusione dalle convenzioni, pratiche burocratiche infinite per ottenere i rimborsi. Il pericolo è che ci vada di mezzo la qualità delle cure fornite al paziente. I modi per risparmiare ci sono: per un’otturazione può essere usata la resina invece del materiale biocompatibile; per una corona si può magari ricorrere a una ceramica made in China; per un impianto sceglierne uno con una minore capacità osteointegrativa e qualità del titanio (che ha vari gradi purezza) e caratteristiche biomeccaniche inferiori. Risultato per il paziente: distacco dell’otturazione, minore certezza di osteointegrazione e rischio di infezioni per la corona e l’impianto.

Il dossier di proteste

Casi che si sono già verificati, come emerge da oltre mille denunce di pazienti raccolte da Altroconsumo. Il dentista di fiducia propone un piano di cura per l’estrazione del residuo radicolare, il posizionamento di impianto osteointegrato provvisorio e successiva corona protesica al costo di 1.600 euro secondo il tariffario in convenzione; l’assicurazione che deve approvare il piano terapeutico come condizione per il rimborso, impone in alternativa il recupero del residuo radicolare con la devitalizzazione, un intervento chirurgico di gengivectomia e successiva ricostruzione con corona protesica al costo minore di 840 euro. Per l’estrazione complessa del dente del giudizio con contestuale asportazione di una ciste adiacente, viene autorizzata l’estrazione del dente ma non della ciste a meno che venga fatta anche biopsia; oppure viene autorizzata l’asportazione di un dente (il numero 45), ma non la cura con impianto o con la corona. Può capitare che se devi fare tre otturazioni ci vogliono tre mesi perché è richiesta un’autorizzazione per ogni dente; per un apparecchio ortodontico al proprio figlio la pratica resta in lavorazione fino a 76 giorni; se anticipi i soldi il rimborso non sai quando ti arriverà perché manca sempre qualcosa.

Chi ha ragione?

Sulla questione ora è chiamato a intervenire l’Antitrust che l’11 settembre si è visto presentare un esposto dagli avvocati Pietro Ichino e Massimo Pallini per conto dell’Associazione nazionale odontoiatri e medici convenzionati (Anomec). All’attenzione dell’Antitrust c’è anche un esposto di Altroconsumo del 25 settembre per scorrettezze nella gestione delle polizze. Nel mirino ci sono Unisalute e Rbm/Previmedical, leader di mercato. In sostanza, dal contratto collettivo dei metalmeccanici (ottobre 2017) in poi, l’iscrizione a un fondo di assistenza sanitaria per offrire prestazioni integrative al Servizio Sanitario Nazionale, è sempre più considerata come il secondo pilastro della sanità pubblica. Ed è vista con favore perché dà la possibilità di saltare le liste d’attesa. L’esempio dei dentisti però vale anche per la chirurgia ospedaliera: il tipo di intervento da eseguire viene spesso concordato con l’assicurazione e non sempre è quello meno invasivo; le protesi non sempre le migliori. Questo da un lato dovrebbe metterci in guardia, dall’altro l’integrazione dell’assistenza sanitaria con una polizza richiede una regia pubblica, che al momento non c’è. Chi si occupa di sanità suggerisce di spostare i 4 miliardi dalla defiscalizzazione al rafforzamento del Ssn proprio per accorciare le liste d’attesa e concedere la possibilità di alzare la percentuale di detrazione dalla fattura del dentista. Val la pena di ricordare che una buona igiene orale evita molti danni e tiene lontano il dentista. Almeno questo dipende soltanto da nostre abitudini. dataroom@rcs.it

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