Coronavirus, Crisanti: “Tamponi a tutti. Così eviteremo la nuova ondata”
Una strategia sbagliata?
“Oserei dire inefficiente, limitata anche dalle risorse a disposizione”.
Il network testing richiede però molti tamponi: un conto è farli a Vo’, un conto è su scala nazionale.
“Il tema non è solo fare più tamponi, ma il modo in cui li usiamo. È come usare la canna da pesca (il contact tracing) e la rete a strascico (il network testing). Avere tante canne può richiedere più fatica dell’uso di tante reti e non è detto che costi meno”.
Bisogna quindi cercare altri test oltre ai tamponi per intercettare più positivi?
“Non esiste un test adatto a tutte le situazioni. Il tampone è il più affidabile, ma richiede infrastrutture e può essere perfetto per esempio per circoscrivere un focolaio. Serve un test che non ci faccia sfuggire nessuno”.
È per questo che a Padova state testando il test sublinguale?
“I test rapidi o quelli sublinguali hanno una sensibilità bassa, sono come una rete a strascico, sì, ma con maglie più larghe. Test di questo tipo però possono essere utili per capire se una comunità è a rischio, se c’è trasmisssione virale”.
Lo state provando proprio in Università.
“Perché può avere un senso: in grandi comunità di studenti non vediamo molti malati conclamati o sintomatici. Quindi, trovando dei positivi, si può passare al tampone e spegnere subito un possibile focolaio. Il test sublinguale è in fase di validazione, ma può essere una prima linea di indagine nella comunità degli asintomatici”.
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