Tutti gli uomini del cardinale Angelo Becciu per controllare gli affari del Vaticano

Da quel momento Enrico Crasso investe Alessandro Noceti, all’epoca in Credit Suisse, poi in Valeur Group, dell’incarico di stabilire un contatto con potenziali investitori per la creazione di un fondo immobiliare su Londra. Noceti ripristina il contatto con la “Sloane & Cadogan”, realtà leader del settore del Real Estate londinese, con cui la segreteria di Stato aveva chiuso degli accordi immobiliari nel 2014, acquistando per diversi milioni di euro alcuni vani immobiliari nel centro della City – di cui in queste pagine vi mostriamo in esclusiva i contratti – e presenta Raffaele Mincione ad Enrico Crasso, che lo presenterà a sua volta al cardinale Becciu e ai suoi collaboratori Fabrizio Tirabassi e monsignor Alberto Perlasca. Saranno loro i protagonisti dello scandalo più grande degli ultimi anni che ha drenato enormi somme di denaro, uno scandalo dove i nomi dei protagonisti si fondono con sigle societarie e fondi riservati che servono per raggiungere scopi variabili con finali certi.

L’atto ufficiale di HRMC HM Revenue&Customs, l’Agenzia delle Entrate del Regno Unito, che riconosce lo status di “immunità finanziaria” alla Segreteria di Stato della Città del Vaticano. L’atto fortemente voluto dal Cardinal Becciu permetterà di condurre affari e incassare utili con una percentuale di ritenuta fiscale molto bassa rispetto agli altri Paesi europei


In virtù di questo schema “Sloane & Cadogan” viene incaricata, previa qualche trattativa, dell’apertura di un fondo immobiliare, dopo che alla fine del 2016 aveva guidato la Segreteria di Stato nell’ottenimento dell’immunità fiscale sovrana, prerequisito espressamente richiesto da Becciu e i suoi uomini per operare nel Regno Unito. Dopo un incontro che avviene a Roma il 7 aprile del 2017 e che, come scrivono i titolari della società londinese, rappresenta il primo step per la creazione del fondo immobiliare, si va con una lettera a specificarne le caratteristiche che servono a «ottimizzare la tassazione degli investimenti della Segreteria e beneficiare del trattamento fiscale grandemente favorevole di Immunità fiscale Sovrana». I rappresentanti della società londinese sottolineano inoltre che «senza la presenza del Fondo, qualunque investimento sarebbe soggetto alla tassazione sugli utili al 28 per cento. Per offrire una struttura di lavoro strettamente regolata, nella quale la Segreteria beneficerà della protezione della Fca del Regno Unito (guardiano finanziario) e della Cssf lussemburghese». Questo significherà per la Segreteria di Stato non solo risparmio, ma liquidità da investire altrove e soprattutto contante e consulenze per oliare la macchina di potere dell’ex sostituto Becciu.

Uno dei contratti siglati da Sloane & Cadogan, società immobiliare londinese e la Segreteria di Stato di compravendita di due unità immobiliare nelle centralissime Cadogan Avenue e Pavilion Road. L’atto firmato dal Cardinale Becciu riconosce alla società londinese un interesse annuo per la gestione degli immobili del 2,5%, una percentuale molto alta, fuori mercato


Se si analizzano i contratti e le missive, ci si accorge di quanto le consulenze e i benefit sugli investimenti siano ampiamente fuori mercato. Alla “Sloane & Cadogan” per esempio sono stati riconosciuti interessi del 2,5 per cento annuo sulla gestione degli immobili venduti e una provvigione su movimentazioni di crescita di oltre il 25 per cento. Il mercato immobiliare, anche quando si muove ad altissimi livelli come in questo caso, in media ha interessi riconosciuti che variano tra lo 0,7 per cento e l’0,8 per cento e provvigioni finali che arrivano al massimo al 20 per cento. Decimali e piccoli punti percentuali che, in affari come questi, fanno la differenza.

Infatti, come raccontano i documenti, il “sistema Becciu” si regge proprio su quei fondi che la Segreteria di Stato pagava come fee di consulenza, che andavano al cosiddetto “veicolo aziendale di consulenza”, che poi provvedeva a rigirarli ad Enrico Crasso, il quale li faceva affluire in fondi di investimenti riconducibili ai familiari stretti del Cardinal Becciu. Questo schema, utilizzato in innumerevoli operazioni, di fatto ha distratto centinaia di milioni di euro dalle casse della Segreteria di Stato e dell’Obolo di San Pietro. Lo schema funziona anche con “Sloane & Cadogan” ma, ad un certo punto della vicenda, Tirabassi e Perlasca chiedono alla società londinese di far entrare, nel fondo immobiliare, “Valeur Group” che si era proposto per rendere più funzionali alcuni investimenti di natura bancaria e che però viene presto coinvolto nella fase di proposizione anziché di controllo e facilitazione.

La risposta di “Sloan e Cadogan” alla richiesta è subito negativa: i titolari della società londinese rispondono che la presenza di Valeur appare inopportuna. Questo bloccherà eventuali investimenti e permetterà a Raffaele Mincione di ottenere sempre più spazio, grazie ad un sodalizio consolidato con Crasso, nella gestione e negli investimenti dei soldi vaticani.

Mincione acquista campo anche perché Monsignor Perlasca, come raccontano fonti interne al Vaticano, è affascinato dalla capacità dialettica del finanziere, ne ha piena fiducia e pensa che possa essere l’uomo giusto per aumentare i dividendi che il sistema di fee e consulenze generano.

Nasce così, con la medesima impostazione, il fondo che porterà all’acquisto del palazzo di Sloane Avenue a Londra, solo che quasi immediatamente il Nav (Net Asset Value, ovvero il valore patrimoniale netto del fondo) inizia a calare e nel giro di pochi mesi arriva a perdere il 15 per cento del valore iniziale. Questo non interrompe il fiume di consulenze che continuano ad arrivare agli uomini di Mincione, tra cui Alessandro Noceti, che incasserà per l’intermediazione sull’acquisto circa 700 mila euro, denari che in un primo momento verranno bloccati dal circuito interbancario di corruzione e che poi saranno versati su una seconda società segnalata. Dopo che il fondo di investimento continua a perdere e gli interessi bancari aumentano, dentro la Segreteria di Stato iniziano ad addensarsi sospetti e Mincione inizia a non rispondere alle comunicazioni di Fabrizio Tirabassi, che chiede più volte di intervenire sul fondo per riportarlo a standard di liquidità sostanziosi per poter chiudere l’operazione. Mincione a quel punto sceglie di oscurare Tirabassi e inizia ad interloquire esclusivamente con Becciu, Perlasca e Crasso.

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Il «sistema Becciu» sempre più a nudo: ecco come finanziava lobby e reti di potere

La società del fratello Mario, la Angels’s, non produce da sé la birra Pollicina e risulta «inattiva». Il ruolo di Mosquito, l’affare Falcon Oil, il Fondo Centurion e i finanziamenti ai russi. E adesso il cardinale Pell arriva in Vaticano

Dopo aver isolato Tirabassi, Mincione incontra il cardinale Becciu a cui non nasconde le difficoltà, ma ormai Becciu non ha più margini di manovra se non far convergere ulteriori fondi per cercare di arginare la voragine che si è prodotta intorno all’affare di Sloane Avenue. Il tutto avviene in un regime di omessa vigilanza. Tra la fine e l’inizio degli affari immobiliari a Londra però sono cambiate le regole nel bilancio e nei centri di costi vaticani, operazione come la cartolarizzazione degli immobili per il ripiano dei conti e dei debiti sono vietate, quindi si chiede tramite Crasso il rientro di una somma compresa degli investimenti vaticani nel Fondo Centurion che nel frattempo hanno intrapreso altre strade e prima di due anni non torneranno ad essere disponibili.

Ma Becciu, prima di essere “promosso” alla Congregazione delle Cause dei Santi nel 2018, tenta di convincere lo stesso Mincione a rifondare il capitale iniziale dell’investimento, ma i soldi Mincione li utilizza per altre operazioni come le scalate alla Popolare di Milano e alla Popolare di Bari. A questo punto, si sceglie di cambiare strategia e Tirabassi coinvolge il broker molisano Gianluigi Torzi, che, secondo quanto abbiamo appreso da fonti vaticane, viene scelto per la sua presunta distanza da Mincione e da Becciu, ma che invece si rivelerà in pieno accordo e alleanza con i due.

Il cardinale Angelo Becciu
Il cardinale Angelo Becciu

Torzi ha il compito di risanare la voragine creata dall’affare del palazzo londinese, ma la pezza è peggiore del buco, perché il metodo non cambia e il valore patrimoniale del fondo tocca una variabile del -50 per cento del valore iniziale. Le consulenze di Torzi e la sua strategia portano ad ulteriori distrazioni del patrimonio, tanto che viene arrestato ed accusato di estorsione, peculato e autoriciclaggio. A questo punto Perlasca farà partire, sentito Mons. Pena Parra che nel frattempo ha sostituito Becciu come Sostituto della segreteria di Stato, la richiesta che porterà Gian Franco Mammì, presidente dell’Istituto bancario Ior, a conferire col Papa della richiesta di 150 milioni di euro per “affari istituzionali”.

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Cardinale Becciu, svolta nelle indagini grazie alla confessione di un suo stretto collaboratore

A raccontare il funzionamento del «sistema» è stato uno dei quattro del cerchio magico, con la consegna di carte e conti alle autorità giudiziarie vaticane. Intanto, in conferenza stampa, l’ex porporato nega tutto ma fornisce una ricostruzione che non spiega niente. «L’inchiesta dell’Espresso? L’ho letta solo in parte»

Una rete fittissima che ora dopo ora assume una conformazione maggiore e che aveva avuto un primo ed ignorato segnalatore, il Cardinal George Pell. Era stato il cardinale australiano a individuare per primo non solo la spudorata ricorrenza all’uso delle cartolarizzazioni immobiliari per mettere apposto i bilanci ma anche le fee fuori mercato e aveva segnalato senza successo all’anticorruzione il “sistema Becciu” fatto di soldi transitati per società di comodo e ricongiunti in molteplici fondi di investimento. Il complotto ordito ai danni del cardinale Pell sembra sempre meno un’ipotesi, sia per quanto riguarda i tempi in cui è avvenuto, le modalità in cui si è consumato e per la volatilità delle accuse di pedofilia che gli furono mosse nel suo paese, che lo costrinsero alle dimissioni, al carcere, alla condanna a sei anni e poi al proscioglimento pieno avvenuto ad aprile ad opera dell’Alta Corte australiana. Anche per questo motivo il ritorno a Roma del cardinal Pell non appare solamente una questione di ordine simbolico, ma potrebbe aprire nuovi finora imprevedibili scenari.

L’ESPRESSO

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