Recovery Fund, l’Italia ha sette anni per le riforme
La proposta di compromesso tedesca inoltre stabilisce che nel 2021 gli Stati possono aver accesso al 10 per cento del totale delle risorse della ‘Recovery and resilience facility’, non più il 10 per cento sul 70 per cento delle risorse, come recitava l’intesa estiva. Inoltre, mette in chiaro che i paesi che avranno eccezioni da sollevare in Consiglio europeo sui piani nazionali presentati (il cosiddetto ‘freno di emergenza’), avranno un massimo di tre mesi di tempo per farlo (la prima versione conteneva l’espressione ‘as a rule’, cioè ‘di regola’ tre mesi).
Accordo all’#Ecofin sul regolamento del Recovery Resilience Facility. Tempi certi e assenza di potere di veto per le procedure di pagamento, il 10% di anticipo sarà sul totale delle quote spettanti #RecoveryFund@EU2020DE#EU2020DEpic.twitter.com/MDelalqEd6— Roberto Gualtieri (@gualtierieurope) October 6, 2020
Mettere in moto il piano Next Genereation EU con le risorse del Recovery Fund è “essenziale per dare sostegno all’economia ma anche per dare fiducia perchè bisogna mantenere gli impegni presi a luglio”, dice il vicepresidente della Banca centrale europea Luis De Guindos durante la riunione del Consiglio Ecofin. “L’impatto macroeconomico della Recovery and Resilience Facility – aggiunge dipenderà da come saranno spesi i fondi”.
L’Ue insomma accelera sul pacchetto. Ma restano ostacoli sul campo. Gli Stati membri non hanno ancora raggiunto un’intesa dettagliata sull’introduzione delle nuove risorse proprie. Vale a dire digital tax, carbon tax e tassa sulle transazioni finanziarie quali garanzia per ripagare il debito comune da recovery fund. Insieme allo stato di diritto, le risorse proprie sono punto di tensione con i negoziatori del Parlamento europeo e anche tra gli stessi Stati membri. Il rischio è che ritardino le ratifiche nazionali e, con esse, il recovery fund.
“Ho sempre detto che l’accordo sul Next generation Eu raggiunto a luglio non avrebbe definito tutto – ci risponde in conferenza stampa Gualtieri – Ora c’è il negoziato sui singoli testi legislativi. Ci vorrà un po’ di tempo, ma non pensiamo che produrrà un ritardo tale da far venire meno la pianificazione del Recovery. Siamo nel vivo del negoziato, lavoriamo per arrivare ad un accordo favorevole, non prefiguriamo risultati che devono ancora avvenire ma mantengo una posizione di fiducia sulla trattativa”.
Un ministro che oggi pare lontano anni luce dalla questione Mes, divisiva per la maggioranza di governo Pd-M5s. La nuova linea di credito istituita nel Meccanismo europeo di stabilità per le spese sanitarie legate alla pandemia, dice Gualtieri, è come “il ‘whatever it takes’ di Mario Draghi: già il fatto che esisteva, ha tranquillizzato i mercati. Ho sempre detto che avere una linea di credito aggiuntiva a tasso zero è sempre meglio che non averla, ma lo Stato italiano non ha problemi di liquidità: noi abbiamo accesso ai mercati. Questo rende inutile la discussione su altre risorse a tasso zero? No, ma riportiamo la discussione sul Mes a quello che è: sdrammatizziamo”.
Parole che sembrano definitive sul fatto che, almeno nell’immediato, il governo non chiederà i fondi del Salva Stati. E’ passata la tornata elettorale di settembre, non ci sono altre elezioni alle porte, si stempera la tensione tra Pd e M5s: persino sul Mes.
L’HUFFPOST
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