“Così non ha senso discutere”. Salta il tavolo sul Bilancio Ue, Recovery Fund più lontano

Alla vecchia maniera: più soldi nel piatto per chiudere un occhio sui diritti. Problema, l’offerta era irrisoria. Gli Stati membri si sono detti aperti alla possibilità di mettere una cifra inferiore ai 10 miliardi (ma senza dire quanto con esattezza) e non prima del 2024. Troppo poco per i deputati che chiedevano almeno 38,5 miliardi per finanziare ulteriormente 15 programmi bandiera dell’Ue (Erasmus, Horizon, ecc): “Contrariamente a quanto suggerisci, potenziare i programmi faro senza toccare i massimali del Quadro finanziario pluriennale – o senza collocare i costi per Next generation al di fuori dei massimali del bilancio Eu – non è né fattibile né accettabile per il Parlamento”. 

Nella sua risposta Van Overtveldt ha citato poi la sua “impazienza” per i colloqui sullo stato di diritto. Sembra intenzione del Parlamento – e ieri una relazione votata da oltre 500 deputati sulla necessità di sanzioni efficaci per gli stati membri che lo violano ha rafforzato il concetto – legare i fondi europei del bilancio 2021-2027 e del Recovery Fund al rispetto degli standard democratici negli Stati membri. Nessun via libera sul budget, hanno più volte minacciato i deputati, senza sanzioni economiche sullo stato di diritto. Ma la presidenza tedesca ieri ha chiuso anche questa porta: “E’ chiaro che non ci può essere un meccanismo sanzionatorio finanziario. Il meccanismo di condizionalità non può essere un articolo 7 riproposto in altri termini”. Tradotto: per applicare sanzioni a Ungheria e Polonia c’è già la procedura prevista dal Trattato dell’Ue. Il problema è che richiede l’unanimità degli Stati membri per essere attivata. 

Da questo dipende però anche l’accordo sul Recovery Fund che l’Italia attende con impazienza, visto anche l’aumento repentino dei contagi e lo spettro di nuove chiusure. Si potrà arrivare a “un rapido accordo a vantaggio dei cittadini europei” solo se “il Consiglio presenterà una proposta veramente sostenibile per rafforzare i programmi ‘bandiera’” che saranno “disperatamente necessari nei prossimi sette anni”. Senza un accordo tra Parlamento e Consiglio Ue, l’intero bilancio pluriennale e il Recovery Fund concordati al vertice di luglio tra i 27 stati membri non potranno procedere l’iter legislativo di ratifica da parte dei Parlamenti nazionali entro la fine del 2020. 

Non è finita: per avviare il programma europeo di risposta al Covid (Next Generation UE) resta ancora da trovare l’accordo politico sulle cosiddette “Risorse Proprie”, cioè quelle risorse che serviranno a ripagare nei prossimi anni i prestiti che Bruxelles reperirà sui mercati e girerà agli Stati membri in attuazione ai rispettivi Recovery Plan. Sulla plastic tax l’intesa è stata raggiunta, ma restano ancora diversi nodi da affrontare sulla digital tax, le tasse sulle transazioni finanziare, la carbon tax e il sistema di scambio delle emissioni inquinanti (ETS). Anche su questi capitoli resta da trovare l’intesa, ma quello che preme di più sono i negoziati tra Parlamento e Consiglio sul bilancio, al momento naufragati. Senza una intesa sul budget, il Recovery Fund rischia di arrivare tardi. 

L’HUFFPOST

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