Il coraggio da ritrovare

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di   Carlo Verdelli |

Le nuove misure del governo sono già vecchie. Il grado di responsabilità di noi cittadini, altissimo nei primi mesi della pandemia, adesso fatica a raggiungere, nonostante gli auspici del presidente del Consiglio, il livello necessario per fronteggiare la caparbietà di un virus che sta mettendo in ginocchio il mondo.

Soffre l’Europa intera, e la nostra fragile Italia, dopo una pausa nell’assedio che molti, troppi, avevano scambiato per una ritirata. Ha ragione Angela Merkel, uno dei pochi statisti di cui dispone l’Occidente, quando dice che siamo davanti a una sfida secolare, gigantesca, che impone di interrogarci su che cosa ne sarà del nostro modo di vivere e soprattutto della nostra gioventù. Ha torto chiunque si affidi a un’insensata speranza che bastino pochi e blandi correttivi di rotta per scansare l’iceberg che è tornato a profilarsi davanti alla nostra prua. Se davvero, a Palazzo Chigi e dintorni, qualcuno si augura che vietare il calcetto amatoriale o limitare i baccanali notturni, ci salverà dall’incubo in cui stiamo riprecipitando, con la mascherina svogliatamente indossata, sarà il caso di rivedere il piano di contenimento e agire di conseguenza, il più in fretta possibile.

Il nemico non è alle porte. Il nemico è già rientrato nella nostra fortezza di burro e per la seconda volta promette di farci molto male. Se all’inizio di agosto i nuovi contagi erano 159 al giorno e adesso sfiorano quota 9 mila, con una progressione così impetuosa da gettare nello sconforto anche gli esperti più prudenti, significa che non abbiamo fatto le cose che dovevamo fare, mentre abbiamo lasciato il via libera alle cose che non dovevamo fare.

Avevamo il tempo, un’estate intera, per prepararci meglio al ritorno rabbioso del male. Potenziare gli ospedali anche per i malati non Covid (in molte regioni, tornata l’emergenza, non prendono neanche le prenotazioni per esami fondamentali), dotarsi di abbondanti scorte di vaccini anti influenzali, calcolare che l’indispensabile ritorno a scuola avrebbe comportato dei rischi calcolabili, e quindi riducibili. Ma questo tempo, come ricordava ieri Gian Antonio Stella, lo abbiamo sprecato a cantare e ballare, come la cicala di Esopo. Il conto cominciamo a pagarlo adesso, ed è un conto che purtroppo non ci possiamo neanche permettere.

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