Coronavirus in Lombardia, per le terapie intensive arriva l’ondata. Ora una strategia d’urgenza per gli ospedali

di Stefano Landi

Coronavirus in Lombardia, per le terapie intensive arriva l'ondata. Ora una strategia   d'urgenza per gli ospedali

Il derby tra Milan e Inter è uno dei simboli della storia di Milano. Ieri intorno alle 18 le due squadre sono in campo. Le tribune vuote. Al posto dei cori, l’eco delle ambulanze che si mettono in coda al Pronto soccorso del San Carlo. E dentro gli ospedali, gli operatori sanitari a testa più bassa del solito. Perché il lavoro è tanto. E il ricordo del passato che si fa fatica si sente tutto. In una giornata in cui in Lombardia le terapie intensive si impennano di 25 unità. E i ricoveri ordinari crescono di altri 109. Ma il problema non è il totale di 96 pazienti in rianimazione: è la progressione. «I numeri si moltiplicano dai primi di agosto. Solo che in estate la percentuale di casi gravi era su un numero tutto sommato contenuto di contagi. Oggi la matematica dell’epidemia presenta il suo conto», spiega Giacomo Grasselli, che con Antonio Pesenti gestisce il coordinamento delle terapie intensive regionali.

Una giornata difficile quella di ieri, soprattutto perché non è la prima e tutto sanno che non sarà l’ultima. Con i reparti di ospedali che accentuano il loro Sudoku per trovare letti Covid. E un vertice d’urgenza tra i primari delle terapie intensive. Per quella che fino a qualche mese fa era un appuntamento bisettimanale di routine, che poi si era un po’ smorzato con il calo dei numeri e che ora però diventa necessario per coordinare l’azione di argine alla seconda e improvvisa onda della pandemia. «Paghiamo ancora persone che si sono infettate una decina di giorni fa. È un po’ come una pentola che inizia a bollire forte», aggiunge Grasselli.

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