La gran voglia di patibolo che ribolle in Italia
L’Italia è il paese più sicuro d’Europa. Ma non lo sa nessuno, o quasi. Potremmo vantarcene, imbastirne campagne di autocelebrazione, macché: il discorso pubblico, politico e mediatico, gira attorno all’insicurezza, a come rimediare a un sentimento collettivo di violabilità che è, appunto, soltanto un sentimento. Nemmeno l’aumento dell’immigrazione – l’immigrazione porta sempre criminalità, non soltanto la nostra, sempre – ha impedito agli omicidi di calare in quantità spettacolari, intanto che calano le rapine, i furti con scasso, i reati in generale. E invece, a ogni caso di cronaca nera, da eccezione che è se ne fa la regola, la costante di un orrore che non esiste, si invocano punizioni esemplari e drastiche, si lacrima su tempi cupi in una delirante idea di cupezza, si imbastiscono indagini sociologiche basate sul niente. Si diffonde soprattutto una sensazione di paralizzante insicurezza che è un incredibile ribaltamento della realtà, e porta a leggi sproporzionate, a esser buoni, come quelle sulla legittima difesa o l’omicidio stradale, all’inasprimento delle pene come unica, spietata e pigra risposta a emergenze immaginarie, alla sospensione della prescrizione, all’uso sovietico dei trojan e così via. Fino al sondaggio di Swg: quasi quattro italiani su dieci vivono nel paese più sicuro del continente ma chiedono la pena di morte, nello sfilacciamento inarrestabile di un approccio garantista di giustizia, una conquista lunga secoli e oggi considerata una fisima da bevitori da champagne.
Un’ultima annotazione. Nel 2015, Skuola.net chiese a 21 mila studenti un parere sulla reintroduzione della pena capitale. Il 43 per cento se ne disse favorevole. Sarebbe bello capire come stanno le cose cinque anni dopo e, se il trend segue quello offerto da Swg, forse siamo già alla maggioranza. E’ questa la generazione che stiamo tirando su, inconsapevole dell’orrore del patibolo.
L’HUFFPOST
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