Incarichi a 800 euro l’ora e l’ad che assume se stesso: le poltrone d’oro (statali)

In attesa della rivoluzione «virtuosa», il ministero dell’Economia mette le mani avanti e per 8 volte in 6 mesi va a vuoto la convocazione dell’assemblea dei soci fino a spingere l’allora ad Vieri Ceriani (economista laureato con Federico Caffè, per anni all’ufficio studi Bankitalia, sottosegretario tecnico con Monti, alla guida del «tavolo sull’erosione fiscale» che aveva mappato 720 agevolazioni fiscali), ad andarsene. Niente dimissioni di cortesia: grazie, fuori. Con tutto il cda. «Meglio la ghigliottina», gli avrebbero sentito dire, «sarebbe stata più rispettosa…».

Siamo nel dicembre 2018. Al suo posto il responsabile del Mef Giovanni Tria, fino a pochi mesi prima docente di economia a Tor Vergata, sceglie d’accordo con lo storico direttore generale, Fabrizia Lapecorella (al suo posto dal 2008 con diversi governi) un collega che conosce bene. Si chiama Vincenzo Atella, insegna lui pure economia a Tor Vergata e diventa amministratore delegato a 99 mila euro di fisso e 35 mila variabile. Lordi. Alla presidenza arriva Antonio Borrello, dirigente delle Entrate e nel cda entra come terzo membro Laura Serlenga, docente all’Università di Bari. La stessa che elenca ancora tra i docenti attuali (in aspettativa, si immagina) Fabrizia Lapecorella. Va da sé che in azienda c’è chi, sulla doppia coppia di atenei paralleli, solleva perplesso il sopracciglio: era proprio il caso?

Più sconcerto ancora, però, solleva la mossa successiva. Il nuovo amministratore delegato viene infatti nominato dal cda (cioè dagli altri due membri, ammesso che lui se ne fosse uscito a bere un caffè) anche direttore generale. Non è più una (legittima) scelta politica in un’azienda pubblica esposta ai cambi d’umore di un partito o un ministro: è una vera e propria assunzione. Definitiva. Con tutte le certezze di cui godono i dipendenti pubblici. Compresa quella di irrigidirsi in caso di rimozione o trattare una sostanziosa buonuscita. Già messa in conto con l’accantonamento delle eventuali somme da sborsare. Certo, Vincenzo Atella rinuncia agli emolumenti da ad (alla carica no) ma viene preso a tempo indeterminato a 190 mila euro annui, quasi il triplo dello stipendio (66 mila circa) da docente universitario. Gerarchicamente, a questo punto, è il diretto superiore di se stesso.

Tema: è tutto formalmente correttissimo? Può essere. Non vogliamo entrarci. Decideranno, eventualmente, altri. Le perplessità sulla opportunità di tutta l’operazione, però, restano. E pesano. Tanto più per la coltre di (imbarazzati?) silenzi che fino ad oggi ha rallentato se non bloccato la conoscenza dei fatti. Compresa l’evaporazione di interrogazioni parlamentari mai arrivate a compimento…

Non bastasse, tutta la faccenda è costellata di fatti, nomi, episodi, a dir poco curiosi. A spicciare le faccende legali, come dicevamo, pensa tra gli altri un ottantenne, Pierluigi Semiani. Pensionato della pubblica amministrazione di lunghissimo corso (due anni prima dello sbarco sulla Luna era già assistente del sottosegretario Franco Maria Malfatti!) non potrebbe teoricamente, secondo la legge Severino del 2012 sul «pantouflage» (porte girevoli, dal francese) lavorare ancora per lo Stato. Ma di fatto la tesi è stata via via così contrastata da spingere tre mesi fa l’Anac a chiedere al Parlamento di «dirimere incertezze interpretative». Fatto sta che l’ottuagenario consulente risulta avere una collaborazione da 650 euro al giorno per 380 giorni. Cioè, par di capire, 247 mila euro per due anni e quattro mesi scarsi. Senza contare i rimborsi spese. Braccia rubate ai nipotini…

Non meno controverso l’incarico (a causa del «limitato organico di Sose», si legge in un verbale del cda) dato a Laura Serlenga, la docente membro del cda nominata responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza. Una prestazione, dice l’«autorizzazione ad incarico extra istituzionale» firmata dall’ateneo barese il 14 maggio 2019, a un carico di lavoro di 25 ore l’anno per tre anni con un compenso annuale di 20.000 euro. Vale a dire 800 l’ora. Mica male… Non manca una noterella finale. Cioè l’acquisto da parte di Sose di quadri da appendere nella stanza dell’amministratore delegato-direttore generale di cui dicevamo. Prima, raccontano, c’erano pareti spoglie o manifesti. Ora ci sono opere dell’artista italo-tedesca Susanne Kessler. Pagati 9.700 euro dalla società con regolare fattura. Fosse un’azienda privata, affari loro. Essendo pubblica, cioè di tutti i cittadini sottoposti ai minuziosi controlli dello stesso ministero, ci sarebbe da discutere… Interessante però, a vedere le immagini su Google, il tema trattato generalmente dall’artista. Grovigli ferrosi neri, grovigli ferrosi rossi, grovigli ferrosi blu… Perfetti, per un’azienda così attenta alla chiarezza.

CORRIERE.IT

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