Perché stavolta gli italiani non ci stanno
di MICHELE BRAMBILLA
Bisogna cercare di capire le ragioni di coloro che in queste ore stanno protestando. Non dei delinquenti che hanno aggredito la polizia a Napoli: quelli sono appunto delinquenti. Bisogna capire le ragioni dei tanti commercianti, piccoli imprenditori e dipendenti che rischiano, con chiusure anche parziali, un nuovo tracollo economico. Gli arrabbiati che scendono in piazza non sono negazionisti. Non negano che sia in corso un’emergenza sanitaria. Ma chiedono, anzi pretendono che chi ci governa trovi soluzioni alternative al richiudere il popolo in casa. È una pretesa sbagliata? A mio parere no.
A marzo nessuno protestò, e adesso invece sì. Ma le due situazioni sono imparagonabili. A marzo il virus si abbatté sul nostro Paese imprevisto e sconosciuto. Non avevamo né armi, né ipotesi di armi. Neanche gli scienziati conoscevano esattamente la reale letalità del virus, né tantomeno le terapie per fronteggiarlo. Conte chiuse tutti in casa, e in massa obbedimmo senza fiatare, perché eravamo tutti spaventati. Anche gli altri Paesi d’Europa e d’America furono colti impreparati, e anzi copiarono i nostri, ormai famosi, Dpcm. Quel primo lockdown valse al premier una crescita impetuosa negli indici di gradimento.
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