Così le categorie hanno sconfessato la linea Bonomi
di Marco Patucchi
ROMA – «È impensabile ragionare su aumenti salariali indipendenti da quello che stanno subendo mercati e aziende». Il 12 ottobre il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, all’assemblea di Assolombarda, ribadiva la linea della fermezza sui rinnovi contrattuali. I soli aumenti possibili sono quelli legati all’inflazione (cioè nulli, perché l’Italia convive con la deflazione) e semmai qualche risorsa si può ricavare nel welfare aziendale. Questo il mantra di Bonomi, eletto a maggio, in piena pandemia, e da allora in costante offensiva verso sindacati e governo. Eppure, da maggio a oggi di contratti ne sono stati rinnovati e tutti con incrementi salariali soddisfacenti per i lavoratori: la firma su quegli accordi l’hanno messa associazioni imprenditoriali e singole aziende, sconfessando nei fatti l’ordine di scuderia del presidente di Confindustria.
A fine giugno, per dire, Assovetro (1400 imprese e 27 mila addetti che producono vetro, lampade e display) ha siglato l’intesa con i sindacati per un aumento di 65 euro medi nel triennio. Poi a settembre è toccato alla gomma e plastica (5.500 aziende e 130 mila lavoratori) con un rinnovo che prevede aumenti medi di 63 euro in due tranche. Nel frattempo i giganti dell’alimentare (da Barilla a Ferrero, da Lavazza a Unilever) raggruppati nella Unionfood a luglio avevano rotto il fronte di Federalimentare (cioè Confindustria) e insieme ad altre due associazioni (Assobirre e Ancit, conservieri) avevano firmato il rinnovo del contratto: aumento medio di 119 euro lordi a regime.
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