Nuovo Dpcm sul Covid: i dubbi, la firma slittata e la linea di Conte: «Il Paese è spaccato ma non si può cedere»

Speranza, spaventato dalle terapie intensive e dagli ospedali in affanno, difende la linea dura: «Oggi siamo ancora in tempo per governare la curva dei contagi». Domani, chissà. E così alle undici di sera le lancette tornano a indicare le ore 18, con l’impegno di Conte a far arrivare i soldi agli esercenti entro due settimane con un bonifico dell’Agenzia delle entrate. Su una cosa Conte si è trovato in sintonia con Speranza e cioè che le nuove regole non debbano essere definite coprifuoco, parola che «è associata alla guerra e trasmette ansia». La formula individuata non è un lockdown, ma una via di mezzo con cui il giurista pugliese, com’è nel suo carattere, prova a tenere insieme tutto.

Raccontano che il premier, tenendo un occhio sui numeri allarmanti del virus e l’altro sulle immagini degli scontri di Napoli, riguardo alla filosofia di fondo non abbia mai avuto dubbi: «Se non proteggeremo la salute dei cittadini non potremo proteggere nemmeno la salute dell’economia». Il tormento fisso di queste ultime ore, ritmate da vertici con i capi delegazione, consultazioni con i presidenti delle Regioni e dal confronto con i capigruppo di maggioranza e opposizione, è stato come dosare gli interventi «in maniera chirurgica e calibrata». La rivolta di Napoli lo ha spaventato moltissimo, ma lo ha anche convinto che a decretare troppo bruscamente un lockdown generale, come ha fatto De Luca in Campania, si rischia di innescare incendi difficili da domare. Il malessere va ascoltato e il Paese, è il pensiero di Conte, va accompagnato per mano: «Dobbiamo tenere duro ancora a ottobre e a novembre, per non arrivare a Natale con la curva dell’epidemia fuori controllo». E non è attendismo, va ripetendo il premier, «è gradualità e proporzionalità».

CORRIERE.IT

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