Gli errori e i sacrifici
di Aldo Cazzullo
Diciamolo con chiarezza: questo decreto non è un piano per il futuro, è una dichiarazione di fallimento per il passato. Sancisce l’incapacità di prevenire la seconda, annunciatissima ondata della pandemia. Le conseguenze sono gravi, sia sul fronte sanitario sia su quello economico. Il tracciamento è saltato, i tempi di attesa per fare i tamponi e riceverne l’esito sono inaccettabili, il sistema sanitario è già sotto pressione. I baristi, i ristoratori, i proprietari di palestre e piscine che avevano speso per attrezzare i locali, i lavoratori che avevano riaperto cinema e teatri in sicurezza vedono tutto vanificato; e anche gli insegnanti, i bidelli e gli studenti delle superiori si chiedono a cosa siano serviti i sacrifici che avevano accettato per far ripartire le loro scuole. Le responsabilità del governo e delle Regioni sono sotto gli occhi di chiunque non sia accecato dal pregiudizio. C’è però un’altra cosa da dire, con altrettanta chiarezza. Il fatto che la seconda ondata non sia stata prevenuta non ci esime dal dovere di rispettare le regole per evitare che il contagio cresca ancora, e mieta ancora più vittime.
Non soltanto le norme del Dpcm andranno ovviamente applicate; dev’essere chiaro che non si tratta di una concessione a un governo o a una Regione o a una parte politica, ma di un atto dovuto a noi stessi, ai nostri cari, a medici e infermieri, alla comunità di cui facciamo parte.
Certo, il sacrificio che ci viene chiesto è grande. Rinunciare di fatto alla vita sociale, proprio nella stagione che precede il Natale e che è decisiva per l’andamento di molti comparti del consumo, è doloroso e dannoso. Si tratterà di trovare un equilibrio tra sicurezza e socialità, senza ricorrere alla brusca e impossibile misura di chiudere tutto e tutti. Attenzione però a evitare errori di valutazione che potrebbero avere conseguenze altrettanto gravi.
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