Il Covid frena Milano: dai bar alla moda, danni all’economia per 10 miliardi. Le sfide da cui ripartire
di Milena Gabanelli e Rita Querzè
Per Milano termina un ciclo. A scrivere la parola «fine» è l’emergenza Covid. I buchi lasciati sul territorio dalla deindustrializzazione sono stati riempiti negli ultimi vent’anni dai grattacieli di CityLife e di Porta Nuova, che a loro volta sono diventati il simbolo di una città «piattaforma dei servizi» per tutto il Nord produttivo. Poi con Expo Milano si è ripresa quel ruolo di vetrina internazionale del made in Italy che aveva negli anni Cinquanta e Sessanta. Ha puntato a costruire da sola, rispetto al resto del Paese, una sorta di città-Stato avamposto in Europa. E adesso? La sfida è quella di cercare un nuovo modello, ma prima bisogna partire da una stima dei danni.
Dimezzati gli ingressi in città
Milano, come tutte le metropoli genera ricchezza attraendo visitatori. Di giorno la metropoli raddoppia le presenze perché tra lavoratori pendolari, turisti, persone in viaggio d’affari, entrano 1,7 milioni di persone. A metà ottobre ce n’erano già 747 mila in meno. Oggi a Milano ci sono solo i milanesi. Il capoluogo lombardo ha una produttività in linea con quella di Londra e Parigi.
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