Fisco, torna l’incubo-patrimoniale? Le parole di Giuseppe Conte tolgono ogni dubbio: “In Italia un grande risparmio privato”

Sandro Iacometti

Va bene, la Spagna un paio di giorni fa ha introdotto una minipatrimoniale sui redditi più alti per finanziare il piano di aiuti anti-Covid. Certo, è a due passi da noi, ha gli stessi problemi col virus ed è guidata da una coalizione di sinistra. Ma chi l’ha detto che accadrà la stessa cosa pure qui? Giuseppe Conte solo un paio di giorni fa, a domanda diretta, ha spiegato senza alcun indugio che tutti gli interventi del governo sono finalizzati proprio ad evitare un aumento delle tasse. Bene. Ripensandoci, però, il premier aveva detto anche più volte, col suo piglio serio e categorico, che mai ci sarebbe stato un secondo lockdown, mentre ora sembra dietro l’angolo. Un caso, una circostanza imprevedibile dettata dalla furia della pandemia? Sicuramente è così. Eppure, il dubbio resta. Il premier ha passato l’estate ad annunciare per il 15 ottobre, data precisa, non riferimento temporale generico, uno straordinario e dettagliato piano sul Recovery fund. D’altra parte, dopo quel po po di lavoro fatto con gli Stati generali, il progetto per i fondi Ue, praticamente si faceva da solo. Arrivata la metà di ottobre, però, del piano neanche l’ombra. Il governo è riuscito solo ad impapocchiare un po’ di linee guida, su cui, fra l’altro, neanche c’è l’accordo tra i partiti di maggioranza. L’importante è promettere.

INTOPPI TECNICI
Come con i 400 miliardi messi sul piatto per le imprese con il decreto Liquidità. Ricordate? Erano i primi giorni di aprile. Poco dopo si è capito che erano garanzie sui prestiti. Tra l’altro, le erogazioni a inizio ottobre non avevano superato i 100 miliardi. E che dire del decreto Aprile? Pronto «a giorni» per più di un mese, finché non è diventato il decreto Agosto. Stesse rassicurazioni sui soldi della cassa integrazione. Subito in tasca ai lavoratori, era la promessa. Poi si è scoperto che dopo otto mesi ci sono ancora 17mila dipendenti che non hanno visto il becco di un quattrino e circa 300mila domande ancora in attesa. Vabbè, direte voi, ma si tratta di intoppi tecnici, di contrattempi contingenti, di slittamenti dovuti all’emergenza. Fingiamo sia così. Il problema è che finora non c’è stata una promessa che sia stata mantenuta. Degli ultimatum ad Autostrade si è perso il conto. E non parliamo degli esponenti grillini, che minacciano di togliere ai Benetton la concessione da quando è crollato il Ponte Morandi, due anni fa, ma degli avvertimenti fatti direttamente dal premier. Uno, a mezzo stampa, risale alla metà di luglio. L’altro, più recente, è contenuto in una lettera di inizio ottobre. Una settimana, poi la revoca.

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