I nonni? Più saggi dei politici
di GABRIELE CANE’
Era inevitabile: i cerchi si stringono. Attorno alla nostra vita
quotidiana, agli spostamenti, alle relazioni. Una escalation fatta per
stringere un laccio al collo dell’epidemia, per arginarla. Possibilmente
per strangolarla. Quello che oggi sarà scritto nel Dpcm numero 21 (!) dell’era Covid, è esattamente quanto ci aspettavamo dopo aver letto il numero 20.
E soprattutto dopo il boom esponenziale di contagi, di reparti pieni,
di terapie sospese per quasi tutto ciò che non è coronavirus. Di
un’emergenza che ci assale, e che ci avevano assicurato che mai più si
sarebbe verificata. Dunque, anticipo del coprifuoco, stretta ai centri
commerciali, altra didattica (?) a distanza.
Poi, blocco o
limitazione dei contatti e degli spostamenti con una logica nazionale
(speriamo) e approfondimenti locali. Comprensibile, inevitabile: meno
siamo, meno ci ammaliamo. Regola che vale per tutti, ma soprattutto per gli anziani,
i più vulnerabili e i più vulnerati. Intendiamoci, si parla in
particolare di quelli che una volta avremmo chiamato vecchi, una
asticella che la qualità della vita ha spostato in alto. Gente spesso in
gamba, in gambissima. Ma anche la macchina umana conosce l’usura,
quindi non è stupefacente che il rischio si annidi soprattutto in questa
fascia di popolazione. Di loro, finalmente, la politica, sta discutendo
cercando risposte che probabilmente non darà per la difficoltà di
offrire una soluzione condivisa. Noi, da profani, ci abbiamo già
provato: proponendo di isolare le persone più fragili
per difenderle dal virus. Per proteggerle. Qualche settimana di lockdown
in attesa che sia sotto controllo l’incendio della pandemia.
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