Gigi Proietti, in tv sapeva fare tutto, dal varietà alle serie agli sketch
Due anni fa, per festeggiare i cinquant’anni della sua carriera, Gigi Proietti, scomparso a Roma nel giorno dei suoi 80 anni, aveva regalato al pubblico di Rai1 “Cavalli di battaglia”, uno show in tre puntate per riproporre in video alcuni suoi pezzi forti. Proietti era un maestro, un grande interprete della «romanità migliore», mantenendo nel tempo carisma e consenso: attraversava con disinvoltura la tradizione della canzone popolare, le drammaturgie di Ettore Petrolini, il varietà televisivo classico, la sapidità dello sketch, come quello indimenticabile dell’ “affarologo” Pietro Ammicca. Dal baule che lo accompagnava in scena uscivano cimeli del passato che hanno segnato l’immaginazione dei suoi numerosi spettatori.
Era difficile trovare un performer così versatile, un professionista della scena con un’assoluta capacità di padroneggiare il palco. Il suo rapporto con la televisione è smisurato. Il debutto è avvenuto nel 1966 con I grandi camaleonti diretto da Federico Zardi. Da allora gli impegni televisivi nella prosa, nel varietà e nella fiction si sono succeduti a ritmo incalzante: nel 1967 Missione Wiesenthal di Cottafavi, Il socio di Majano, Piccoli borghesi di Fenoglio, nel 1968 La vita nuda di D’Amico e La presidentessa di Enriquez; nel 1969 Visitate la guerra di Magliulo; nel 1970
Conoscete Don Chisciotte? di Quartucci e La scoperta dell’America di Giordani; nel 1972 Il matrimonio di Figaro di Sequi; nel 1973 “Petrolini”, in Come ridevano gli italiani, e Il viaggio di Astolfo di Molinari; nel 1975 Fatti e fattacci di Falqui (che gli valse la Rosa d’Oro a Montreux); nel 1976 l’adattamento televisivo di un suo strepitoso successo teatrale, A me gli occhi, please, di cui ha curato anche la regia, e l’Edipo re di Gassman; nel 1981 Fregoli di Cavara.
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