Serve un po’ di inflazione per uscire da questa montagna di debito
- Emilio Barucci Professore di finanza matematica al Politecnico di Milano
Prima che la seconda ondata del Covid spazzasse via ogni discorso, i nostri politici hanno vissuto una situazione imbarazzante: da un lato ostentavano euforia per i fondi del Next Generation Europe, che sarebbero stati la nostra salvezza, dall’altra erano imbarazzati in quanto non sapevano come utilizzarli in modo efficace.
Questa situazione è ancora più paradossale se si pensa che i benefici dei fondi europei sono almeno in parte sovrastimati. Il motivo è che i fondi europei possono sì fornire un aiuto in quanto evitano allo Stato italiano di andare direttamente sul mercato per finanziarsi – con il rischio di non trovare compratori dei titoli – ma non sono la risoluzione di tutti i nostri problemi. Ci illudiamo se pensiamo di mettere a posto i problemi strutturali della nostra economia con i fondi europei, soprattutto ci illudiamo che siano la soluzione dell’elevato debito pubblico che abbiamo accumulato: il 160% del PIL, un livello mai raggiunto nella storia repubblicana.
Ci sono due problemi distinti: ripartire, cioè ricostruire sulle macerie del Covid, e smaltire il debito pubblico accumulato.
Da che mondo è mondo, ci sono soltanto tre strade per uscire da un elevato debito pubblico senza ricorrere a misure straordinarie: avanzi primari di finanza pubblica, elevata crescita, inflazione. Nel primo caso lo Stato risparmia (incassa di più di quanto spende) e così facendo riduce il debito pubblico. Negli ultimi venti anni, a causa anche dei vincoli europei, l’Italia ha battuto soprattutto questa strada. D’altro canto, se l’economia cresce, le entrate dello Stato sono elevate e c’è quindi più spazio per abbattere il debito pubblico. I fondi europei aiutano in questa direzione. Affrontare il primo problema contribuisce a risolvere il secondo ma purtroppo la crescita dei paesi sviluppati negli ultimi venti anni – e in Italia in particolare – è sempre stata debole. È difficile pensare che si possa tornare al livello degli anni ’60.
L’inflazione è il convitato di pietra: un’inflazione moderatamente elevata aiuta in quanto riduce lo stock del debito non indicizzato al livello dei prezzi e rende i tassi di interesse reali negativi (quello che effettivamente paghiamo al netto del rincaro del costo della vita) rilanciando l’economia. Per capirsi: se ho un titolo che mi consegna 100 euro tra due anni e l’inflazione viaggia al 5% annuo, allora il mio denaro tra due anni varrà in effetti soltanto 90 euro in termini di beni che potrò acquistare. L’inflazione agisce in modo subdolo diminuendo il valore del nostro salario e del denaro che abbiamo in tasca.
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