Il testamento di Gigi Proietti: “Io, Roma, e la più bella battuta della mia carriera”
di Paolo Boccacci
“Sono nato a via Giulia, ma per favore non mi domandate
niente di lì, perché non ricordo nulla. Sono andato via con la mia
famiglia da quell’appartamento quando avevo nove mesi. Poi ci siamo
trasferiti a via Annia, una stradina del Celio, accanto all’Ospedale militare. Lì andavo a scuola alle elementari alla Vittorino da Feltre e
il primo ricordo che mi porto ancora appresso è un odore, l’odore dei
libri, mescolato a quello della merendina che mia madre mi metteva
dentro la cartella. Avevo due cartelle nere, rigide, di una fibra un po’
strana, che si potevano anche mettere a tracolla. E mi viene ancora in
mente, nonostante fossi piccolo, la vergogna di mettermi il grembiule e
il fiocchetto, il fiocco insomma. Non l’ho mai sopportato. Ero un
bambino e a Roma nella primissima mattina era consentito di passare
addirittura davanti a piazza del Colosseo per andare sulla via del mare”.
Gigi Proietti, il Grande Attore e Roma. Gigi Proietti si raccontava così
in una delle ultime lunghe interviste sulla città tanto amata,
rilasciata come testimonial della Guida di Repubblica ai Piaceri e ai Sapori di Roma e del Lazio del 2019.
Morto Gigi Proietti, addio al grande mattatore d’Italia. I funerali il 5 novembre in Piazza del Popolo
di Silvia Fumarola 02 Novembre 2020
Il testamento di Gigi Proietti: “Le fontane di villa Borghese”
Ci eravamo incontrati sulla terrazza di un hotel al Pinciano, dove stava
girando gli altri episodi di “Una pallottola nel cuore”, la serie tv di
Rai 1. Davanti a noi a perdifiato la vista dei tetti.
“Da via Annia” ricordava nel suo ritorno al passato “abbiamo cominciato a girare e siamo andati ad abitare vicino via Veneto,
in un appartamento di fortuna, dopo la guerra. Ci siamo stati due, tre
anni e ho conosciuto un luogo che ricordo benissimo e che poi è uno
strano ritorno, Villa Borghese, perché andavo al cinemetto, che si chiamava dei Piccoli o Topolino e stava vicino alla Casina delle Rose,
dove d’estate facevano il varietà e da dietro un canneto, avevo nove
anni, vidi tra le canne, c’era una specie di recinto di piante, Billi e
Riva, che facevano lo spettacolo. Però non sentivamo bene. Un posto dove
sono tornato adesso, dato che ho avuto la fortuna di incontrare un
sindaco lungimirante, che era Veltroni, che capì l’importanza di mettere
su un teatro a Villa Borghese, il Globe Theatre”.
Gigi Proietti, uno dei ‘Cavalli di battaglia’: la barzelletta del cavaliere nero
Ma a via Veneto non ebbe il tempo di annusare la Dolce Vita. “No, subito dopo eravamo andati ad abitare in periferia, al Tufello, perciò non avrei potuto assistere alla Dolce Vita, perché ero troppo piccolo. Ma Villa Borghese è importante, ero rimasto colpito dalle fontane e soprattutto da quella specie di muffa verde che fanno quando sono a secco. La vedo ancora adesso e anche le statue un po’ sbrecciate della villa. Era molto affascinante per me perché non ne capivo tanto le ragioni, ma sono immagini che mi sono rimaste impresse. Come le fontane di piazza Farnese,
che un tempo stavano dentro Caracalla, pochi lo sanno ma è così. Poi
quando stavo al Tufello la vera Roma non l’ho più frequentata per un po’
di anni perché praticamente la borgata era in costruzione ed era
lontanissima. Oggi sembra molto più vicina, ma allora bisognava
prendere due autobus per arrivare fino al Centro, il 36 e il 60, tutta
via Nomentana”.
Poi le storie del liceo: “L’ho fatto all’Augusto sulla via Appia, perché poi dal Tufello ci eravamo spostati con la mia famiglia nella zona dell’Appio Latino,
quindi la scuola più vicina era l’Augusto, una scuola pubblica, e
naturalmente era in un periodo che precedeva il ’68, per cui non ho
conosciuto le manifestazioni della contestazione. C’erano ancora
professori educati all’era fascista, qualcuno ci sarà ancora credo”.
Naturalmente non perdeva la battuta, l’aneddoto. “C’era un certo
Collina che ai primi appelli che facevano all’inizio di scuola non
rispondeva, perché non c’era. E questo Collina non è mai venuto. E
allora c’era sempre qualcuno che, quando il professore chiamava
“Collina”, diceva “presente”. Facevamo a turno. Oggi mi piacerebbe
conoscerlo questo Collina”.
Pages: 1 2