I giochini pericolosi della politica
di Massimo Franco
Governo e Regioni faticano a capire che la seconda fase della pandemia da coronavirus non regala né promette rendite di posizione politiche ma esige maggiori responsabilità. Nella primavera scorsa si poteva pensare di avere di fronte un’Italia spaventata e pronta a quasi tutto per uscire a un’ondata di contagi sconosciuta e terribile.
Con senso di responsabilità e disciplina, sei mesi fa pochi hanno rinunciato a fidarsi di una maggioranza governativa e di presidenti di Regione colti alla sprovvista e senza un piano. Le restrizioni inedite della libertà sono state accettate su uno sfondo di unità e di coesione motivate dall’emergenza sanitaria. Ora non più. L’ottica è cambiata. Il rimpallo degli errori e dei ritardi non viene percepito come quasi inevitabile conseguenza di un contagio non previsto da nessuno. Lo stato di necessità di allora era figlio della sorpresa; quello che si sta delineando chiama in causa anche l’imprevidenza e la disorganizzazione.
Per questo il cosiddetto scaricabarile rischia di assumere in pieno il suo significato offensivo. Diventa l’emblema di una ricerca di colpe attribuite in apparenza agli «altri», intesi come livello diverso di potere e di maggioranza politica; di fatto pagate dalla popolazione. E finisce per sottolineare un’assenza insieme di coraggio e di trasparenza, che promettono di incidere in profondità sul rapporto di fiducia costruito faticosamente fino all’estate. A forza di inseguire i sondaggi di popolarità, Palazzo Chigi comincia a rendersi conto che cosa significhi provare il morso doloroso dell’impopolarità.
Non, però, perché ha preso decisioni sgradite ma efficaci; semmai per una ragione opposta. A pesare negativamente è il senso di inutilità delle misure prese, di mesi buttati via, e di mancanza di controllo della situazione da parte di chi doveva governarla; sono le divisioni all’interno della maggioranza sui tempi e sui modi delle chiusure, e i conflitti e l’incomunicabilità tra il premier Giuseppe Conte, e l’opposizione e le regioni. Probabilmente è vero che gli enti locali in prevalenza a guida leghista o comunque di centrodestra aspettano soltanto di puntare il dito contro l’esecutivo; e che in Parlamento le richieste di dialogo sono strumentali. Si è visto anche ieri.
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