“Se avessero trattato Mps come il caso Verdini sarebbe in carcere mezzo Parlamento”

Lei ha seguito l’inchiesta dall’inizio, cosa ricorda?

La sterminata mole di atti. Una quantità di materiale incredibile. Con vicende anche estranee alla banca. Tanti personaggi, all’epoca di primo piano, comparivano tra una carta e l’altra. Tra questi c’erano Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri al quale la banca aveva concesso un’ipoteca. L’attenzione degli inquirenti, insomma, non riguardava solo la banca in sé, ma anche i creditori e i debitori. Un lavoro approfondito. Erano gli anni del governo Berlusconi e Verdini era un esponente di spicco di Forza Italia. Posto all’attenzione di tutti, anche della stampa. Io, in primis, non sono mai stato tenero con lui. In alcuni casi l’ho fatto nero. Ma questo non vuol dire che non abbia poi notato la differenza tra questo procedimento e altri che riguardavano le banche.

A quali si riferisce?

Alla vicenda di Monte dei Paschi. Ho iniziato a occuparmene sin da subito, nel 2013. E ho notato uno scenario completamente diverso rispetto a quello di Firenze.

A proposito dell’istituto di credito senese, nel tweet con cui commenta la condanna di Verdini lei scrive “ripeto da anni che se avessero fatto lo stesso con Mps in carcere ci sarebbe mezzo Parlamento”. Perché ritiene che sia così?

Nel fascicolo su Mps non c’era nulla, o quasi. Con aspetti anche comici a volte. Come un contratto secondo gli inquirenti rimasto ‘segreto’ per sei mesi e nascosto in una cassaforte seppure avessero un atto in cui era chiaramente scritto e indicato dove si trovasse. A Siena ho assistito al peggior spettacolo offerto dalla magistratura. Errori, superficialità, spesso evidente incapacità, per non voler dire altro. Un esempio? I pm avevano intercettato Giuseppe Mussari nel corso di una precedente inchiesta e quegli ascolti invece di essere acquisiti perché utili nel fascicolo Mps sono stati distrutti. Se ne sono salvate tre per caso e in tutte le tre l’interlocutore era un esponente politico di rilievo che chiedeva fondi all’allora presidente della Fondazione Mps. Ora mi pare legittimo chiedersi cosa sarebbe saltato fuori se avessero conservato anche solo una parte delle altre conversazioni. Per questo dico: se la procura di Siena avesse operato con lo stesso livello di approfondimento di quella di Firenze molto probabilmente le conseguenze sarebbero state diverse. E, appunto, mezzo Parlamento potrebbe essere in carcere. Un ragionamento non dissimile si può fare per la vicenda di Banca Etruria. E va considerato che sia Mps sia Etruria sono state pagate dai cittadini: il Monte è oggi dello Stato, la banca di Arezzo ha prosciugato e fatto perdere i risparmi di una vita a migliaia di risparmiatori. 

Parliamo di tre storie diverse, e di tre procure diverse. Si è fatto un’idea di cosa possa essere successo?

Nessuno vuole mettere in discussione le sentenze definitive, e quella su Verdini ormai è tale. È singolare però che i procedimenti prendano strade diverse in base al posto dove vengono aperti. Forse non è poi così sbagliata l’idea di istituire una procura nazionale per i reati finanziari, così che il fascicolo si sviluppi lontano dal territorio dove il presunto illecito è avvenuto.

Il processo a carico di Verdini ha avuto un percorso lungo. E i dubbi sui confini della sua responsabilità sono stati avanzati fino alla fine. Il collegio ha confermato la condanna, ma il procuratore generale della Cassazione, che rappresenta l’accusa, aveva chiesto un annullamento con rinvio. Un elemento interessante, non trova?

La sentenza è definitiva, è andata così e bisogna dare atto alla procura di Firenze di aver istruito un impianto accusatorio che ha retto ai tre gradi di giudizio. Nessuno mette in dubbio quanto è stato deciso in Cassazione. Certamente, però, il fatto che il procuratore generale abbia chiesto il rinvio in appello per 9 dei 32 fatti contestati, anche se il Collegio ha ritenuto diversamente, fa pensare che i dubbi avanzati da noi comuni mortali non siano del tutto immotivati. Quindi se addirittura l’accusa ha chiesto di far celebrare un nuovo processo d’appello è legittimo chiedersi quanto anche solo in uno specifico periodo ci sia stata maggior attenzione per ciò che Verdini rappresentava politicamente piuttosto per il suo operato da presidente del Ccf. Fra l’altro il Credito era una banca piccola e non di sistema come Mps. E forse anche questo potrebbe dar adito a dubbi su determinati comportamenti, a cominciare da quelli della vigilanza di Banca d’Italia. Ma il discorso è complesso e purtroppo rientra negli argomenti tabù del nostro Paese. Basti vedere gli esiti della commissione parlamentare sulle banche. Verdini è in carcere, molti ne gioiscono come fosse una vittoria politica, M5S su tutti. Io ho seri dubbi che se lo sia meritato. Ripetere il processo d’appello avrebbe potuto fugarli. Ora però che almeno si riconosca la necessità di creare un pool di magistrati adeguati ad affrontare le inchieste sugli istituti di credito in maniera omogenea. 

L’HUFFPOST

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