La “trincea” di Benedetto XVI: ecco come ha difeso l’Europa

Francesco Boezi

Il baricentro del cattolicesimo non è più lo stesso. Gli anni della centralità dell’Europa – quelli di San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – sono passati. Oggi la confessione cristiano-cattolica è maggioritaria in Brasile, come in altre nazioni del Sud America, e si sta sviluppando attorno alle “periferie economico-esistenziali”. Quelle preferite da papa Francesco. La ruota della storia gira, e la Chiesa cattolica non sembra avere intenzione d’azionare una forza in senso contrario.

Ma non è stato sempre così. Il pontificato di Joseph Ratzinger, così come quello del suo predecessore del resto, si è distinto per europa-centrismo.

Nell’immaginario tradizionale, il “mite teologo” di Tubinga rappresenta ancora l’ultimo ostacolo al dilagare del relativismo, del multiculturalismo, del lacisimo e della secolarizzazione. Benedetto XVI è ancora l’immagine plastica di uno scatto d’orgoglio della cosiddetta civiltà occidentale. A pensarlo sono soprattutto i conservatori europei, che guardano con nostalgia al precedente pontificato. Si pensi, a titolo esemplificativo, al tema delle radici cristiane, che Ratzinger avrebbe voluto vedere all’interno del testo della poi mai approvata Costituzione europea: “Non si può pensare di edificare un’autentica “casa comune” europea trascurando l’identità propria dei popoli di questo nostro Continente. Si tratta, infatti, di un’identità storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, economica o politica; un’identità costituita da un insieme di valori universali, che il Cristianesimo ha contribuito a forgiare, acquisendo così un ruolo non soltanto storico, ma fondativo nei confronti dell’Europa”, ha dichiarato l’ex Papa nel 2007, in una riunione del coordinamento degli episcopati del Vecchio continente, il Comece. E il tema delle “radici cristiane” avrebbe accompagnato il pontefice tedesco durante l’intera permanenza al soglio di Pietro. Così Ratzinger benedice i muri: “Proteggono e aprono solo al bene”

Benedetto XVI non è mai stato un sovranista. Anzi, in termini di “schieramenti politici”, per usare una forzatura, è lecito riscontare come Ratzinger sia stato un europeista convinto. Per quanto il consesso europeo odierno possa non aver tenuto conto delle istanze che l’ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ha tenuto a portare avanti nel corso della fase in cui è stato il vescovo di Roma: “Sapete di avere il compito di contribuire a edificare con l’aiuto di Dio una nuova Europa, realistica ma non cinica, ricca d’ideali e libera da ingenue illusioni, ispirata alla perenne e vivificante verità del Vangelo”, ha aggiunto nell’occasione sopracitata dinanzi ai vescovi europei. Certo, l’Europa di Ratzinger non è e non era quella dei “nuovi diritti”. E il Vecchio continente che aveva in mente Benedetto XVI non sembra essere neppure quello privo d’identità ed aperto a qualunque forma di contaminazione culturale. L’ex pontefice era favorevole alla dialettica, fosse anche quella del dialogo interreligioso, ma non alla rinuncia delle caratteristiche spirituali ed identitarie del bacino europeo. “Il diritto a non emigrare” di Joseph Ratzinger

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