Luca Palamara, l’ex pm a Libero: “Ho fatto parte di un meccanismo. Ora voglio riformare la magistratura”
È stato denominato “Il caso Palamara” ma sarebbe stato più corretto denominarlo “Il caso magistratura”. A un certo punto sembrava addirittura che la magistratura fosse composta di un solo elemento: lei. Mi sono fatta l’idea che tutto nasca dalla frattura tra Unicost e Magistratura democratica e la nuova alleanza con Magistratura indipendente. È così?
«La mia storia politica e associativa è caratterizzata da un’alleanza tra la corrente di Unicost e le correnti della sinistra giudiziaria. Quando quest’ alleanza si è affievolita, in special modo nell’ultimo periodo, in occasione della nomina del vice presidente Ermini, si è verificato uno scostamento maggiore verso l’area moderata, e sono iniziati a nascere problemi che a un certo punto hanno riguardato direttamente la mia persona».
Mi dica la verità: lei è più potente di quanto voglia far apparire? Perché tutto quest’ accanimento contro di lei? Cosa può aver mai ordito che gli altri non potessero?
«L’idea dell’uomo solo al comando non mi è mai piaciuta e non mi sono mai sentito tale. Sono stato semplicemente un magistrato che in una fase della sua vita ha fatto parte di un meccanismo, quello delle correnti, all’interno del quale, interfacciandomi con le altre, ho operato».
La cosa particolare è che lo scandalo non è scoppiato tanto all’interno della magistratura quanto a livello socio-politico. Ha scandalizzato gli italiani.
«Ogni giorno ci sono giudici impegnati nei casi più svariati. Dall’ambito civile, come i divorzi, oppure che decidono di uno sfratto, o sono chiamati a giudicare un ladro o un truffatore. Ai cittadini va spiegato che il fatto che mi ha riguardato è interno alla magistratura, si riferisce alla gestione interna del potere, ma non intacca l’applicazione imparziale della legge. Questa situazione, quindi, non deve incrinare la fiducia che i cittadini ripongono nel sistema giudiziario».
Di recente si sono tenute le elezioni del comitato direttivo centrale: tonfo per Autonomia&Indipendenza, la corrente di Davigo, costretto però dai colleghi a lasciare la carica per decadenza a poche ore dal voto. Fatto fuori pure lui?
«Davigo è stato tra i giudici che mi ha giudicato, e per tale motivo non mi esprimo su questo punto. Posso però dire che nemmeno io mi aspettavo che a distanza di pochi giorni dalla decisione che mi ha riguardato, egli sarebbe decaduto dal Csm. È però certo che la scorsa estate c’erano avvisaglie su quanto sarebbe accaduto».
Il giorno successivo all’esplosione dello scandalo sulle nomine, 5 consiglieri togati su 16 si sono dimessi e il Procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio in pensionamento forzato: un fuggi fuggi generale che potrebbe apparire come un’ammissione di colpe.
«Ognuno risponde dei propri atteggiamenti e comportamenti, io rispondo per me stesso. Non voglio giudicare il comportamento degli altri».
Lei potrebbe tornare a breve a indossare la toga se le Sezioni Unite della Cassazione dovessero ammettere il suo ricorso.
«Non demordo, utilizzerò tutti gli strumenti processuali che l’ordinamento mi mette a disposizione, facendo ricorso all’organo di ultima istanza, perché ho pieno interesse a far emergere tutta la verità su come sono andate le cose. Voglio anche far comprendere perché in quel periodo storico la corrente di sinistra della magistratura era fortemente ostica nei confronti del Procuratore Viola. Per tale motivo il ricorso sarà funzionale in attesa della decisione della sezione disciplinare, per continuare a far valere i miei diritti fino a che mi sarà possibile, passando per le Sezioni Unite e la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, per ristabilire la verità dei fatti”.
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