La fine dei bamboccioni
di Massimo Gramellini
Tra gli effetti neanche tanto collaterali delle nuove restrizioni governative c’è l’abbassamento vertiginoso dell’età adulta: dai trent’anni abbondanti ai dodici. Si è deciso che un ragazzino di seconda media sia già abbastanza grande per restarsene a casa da solo, in compagnia – speriamo non in balia – di un computer. Una scelta forse inevitabile, per consentire ai genitori che hanno ancora un lavoro di conservarlo, ma certo non priva di conseguenze. La giovinezza, intesa come condivisione di piaceri senza responsabilità, è infatti una conquista recente. Il benessere economico l’ha prolungata e il successivo malessere l’ha cristallizzata, costringendo a una vita di dipendenze anche i trentenni che avrebbero avuto voglia di tutt’altro (contrariamente a quel che suppone il luogo comune, non ho mai conosciuto un «bamboccione» felice).
Se il tempo degli adulti è la scoperta del limite e della solitudine, la giovinezza incarna il suo esatto contrario: è la movida, il calcetto con gli amici, l’uscita col ragazzo o la ragazza. Peter Pan non è mai stato un eremita.
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