Covid, così si diventa zona rossa. Ma dalle regioni non arrivano tutti i dati
I dati incompleti
I dati vengono trasmessi dalle Regioni alla Protezione civile. Poi vengono valutati dalla cabina di regia dove ci sono i ministri della Salute degli Affari regionali, e poi rappresentanti di Regioni, Province e Comuni. Il guaio è che in quelle tabelle ci sono troppi buchi. Anche se il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, dice di «escludere ogni ipotesi di dolo per costruire scenari più favorevoli».
C’è un problema di completezza, cioè mancanza di alcune voci, che riguarda cinque regioni: Abruzzo, Basilicata, Liguria, Veneto e Valle d’Aosta. E poi un problema di stabilità della trasmissione, cioè alcune voci arrivano a singhiozzo. E qui c’è di nuovo la Valle d’Aosta, che proprio per questo doppio guaio è finita nella zona rossa, e poi Campania, Sicilia, Marche e Friuli-Venezia Giulia. Il «ritardo di notifica della Campania» potrebbe portare a un aumento dei casi nei prossimi giorni. Ma forse, nell’evitare la zona rossa, il governo ha tenuto conto delle misure aggiuntive decise dalla Regione, a partire dalla chiusura delle scuole. Mentre per la Liguria si sospetta una parziale sottostima del Rt, che però il governatore Giovanni Toti respinge: «Avevamo chiesto un confronto prima della decisione, ne potevamo discutere lì». E poi ci sono zone grigie più sottili, come il caso del numero dei ricoverati all’ospedale di Cosenza: dato trasmesso 14, dato pubblicato 2.
I cambi di colore
In molti si sono lamentati del fatto che i 21 parametri non fossero stati spiegati. Sono stati fissati con un decreto del ministero della Salute il 30 aprile scorso. Ma sulla Gazzetta ufficiale di allora ci sono solo poche righe, «sono stati adottati i criteri relativi alle attività di monitoraggio…». Per trovarli bisognare cercare con pazienza sul sito del ministero della Salute. E qui ci sono anche gli algoritmi per la valutazione del rischio, che non è una volta per sempre. Il monitoraggio è settimanale, oggi dovrebbero arrivare i dati nuovi. Purtroppo è più facile scivolare verso il lockdown che non uscirne. «Se in una regione l’Rt scende da 2 a 1,8 — spiega Rezza con un esempio — è vero che le cose vanno meglio. Ma il virus corre ancora veloce e quindi bisogna restare prudenti». Se invece l’Rt passa da 1,3 a 1,6, siamo su livelli più bassi, ma il principio di precauzione suggerisce una stretta prima possibile. Anche se la cabina di regia valuta. Ma a decidere è poi il governo.
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