Il lungo inverno dell’Italia
Questa volta, però, le cose stanno in maniera molto differente. Alla scorsa tornata, infatti, sia i privati grazie ai loro risparmi e sia lo Stato grazie alle proprie disponibilità avevano modo di reggere alla botta del lockdown anche grazie all’arrivo imminente della stagione calda. Adesso, però, con la crisi iniziata ancora prima dell’inverno la situazione è completamente agli antipodi ed il rischio è che la criticità duri ben di più delle quattro settimane messe in conto ma si estenda sino ad arrivare anche al prossimo aprile. E questo scenario – considerando come si stia già arrivando al ristori-bis a meno di 15 giorni dalle prime misure – se non drammatico si è già dimostrato assai grottesco.
Il vero dramma sono i pochi letti in ospedale
Uno dei dati che viene messo quotidianamente in evidenza riguarda il numero di posti letto in terapia intensiva che ogni giorno vengono utilizzati nel nostro Paese: al
6 novembre, circa un terzo di esse è stato occupato da pazienti che
hanno contratto il Covid-19 – con il record detenuto dal Piemonte,
arrivato al 41%. Ma il vero dato preoccupante è quello relativo
all’occupazione dei posti letto in sub-intensiva, che hanno già quasi
raggiunto il livello di saturazione. Nonostante l’esperienza pregressa e
gli allarmi lanciati già sul finire della scorsa primavera, dunque, non
abbastanza è stato fatto per potenziare l’apparato ricettivo degli
ospedali. E la sottovalutazione anche della “psicosi” che ha generato un
numero di chiamate al 118 superiore al necessario ha contribuito alla
degenerazione dello scenario attuale.
Tuttavia, a conti fatti appare ancora una volta evidente come l’Italia si sia fatta cogliere sostanzialmente impreparata
sotto il piano sanitario nella gestione della pandemia. E proprio
questo fattore, in ultima battuta, è stato l’elemento chiave che ha
obbligato la politica italiana a ricorrere ancora una volta allo
strumento del lockdown, quale che sia il prezzo da pagare.
Ad essere a rischio è anche la salute (mentale)
Preso atto però delle criticità economiche alle quale si andrà incontro con l’attuazione di una serrata – parziale o totale che sia – e dei rischi sanitari legati alla pandemia, anche l’elemento psicologico non è da sottovalutare. Chiusi all’interno delle proprie abitazioni, assolutamente incerti riguardo al proprio futuro lavorativo e spesso in preda alla solitudine, è la stessa salute mentale anche degli italiani ad essere messa in crisi. In questi mesi, infatti, sono stati molteplici gli allarmi degli psicologi relativi al peggioramento della salute mentale di un numero sempre maggiore di italiani a seguito del blocco della scorsa primavera. E questa volta, con le prospettive di un lungo inverno da affrontare, il rischio che la situazione prenda una deriva ancora peggiore è decisamente elevato, generando una declinazione ulteriore dei danni derivanti dalla pandemia.
Andrà anche tutto bene, ma saremo molto diversi
Confidando anche nella riuscita delle mosse messe in campo dal governo italiano e dalle singole autorità regionali, tuttavia, l’immagine del nostro Paese del prossimo futuro sarà ben differente da quella che abbiamo conosciuto. Con il passaggio della pandemia, la chiusura dei locali a tempo indeterminato e la contrazione del turismo molte delle attività attuali cesseranno per sempre di esistere. In particolare, molte di quelle micro imprese e Pmi che storicamente sono state la componente principale dell’economia del nostro Paese questa volta non saranno in grado di superare il periodo di difficoltà.
L’Italia, dunque, rischia di uscire da questa seconda tornata di serrate come completamente ridisegnata, perdendo molte di quelle varietà e particolarità imprenditoriali e territoriali che hanno caratterizzato la nostra stessa immagine nel mondo. E soprattutto, il pericolo è quello di perdere per sempre quelle realtà che hanno per secoli segnato la fortuna dei nostri territori.
INSIDEOVER
IL GIORNALE
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